Cronaca

Messina Denaro diserta l'udienza del processo Xydi, perquisita la casa di famiglia del boss

L’ex latitante Matteo Messina Denaro, catturato il 16 gennaio dai carabinieri del Ros, ha rinunciato a comparire all’udienza preliminare nel procedimento “Xydi”. Proseguono intanto le indagini e le perquisizioni di luoghi e proprietà riconducibili al boss mafioso, che mercoledì mattina si sono concentrare sulla casa in cui Messina Denaro viveva con la madre prima della latitanza. Nel carcere del Pagliarelli si è svolto invece l’interrogatorio di garanzia per il geometra Andrea Bonafede, prestanome del capo mafia.

Matteo Messina Denaro sceglie nuovamente di non comparire davanti ai giudici. La sua posizione nel procedimento Xydi, che ha visto coinvolti padrini e gregari della mafia agrigentina fra cui l’avvocata Angela Porcello e il compagno Giancarlo Buggea – condannati rispettivamente a 15 anni e 4 mesi e a 20 anni – era stata stralciata perché Messina Denaro era latitante. In questi casi una legge del 2019 prevede la sospensione del procedimento. All’udienza di oggi davanti al gup di Palermo, alla quale il boss avrebbe potuto partecipare in videoconferenza dal carcere dell’Aquila, è arrivata una rinuncia come già aveva fatto il 19 gennaio al processo sulle stragi del 1992 a Caltanissetta.

Nuove perquisizioni dei carabinieri

Proseguono intanto le indagini dei carabinieri, che mercoledì mattina hanno perlustrato la casa di famiglia di Matteo Messina Denaro in via Alberto Mario a Castelvetrano, dove il boss ha passato gli anni precedenti alla latitanza e dove viveva con la madre. Trovati i classici occhiali da sole Ray Ban, con i vetri marroni, altre lenti, una foto nota di un boss giovane con quegli occhiali, accanto al quella del padre Francesco, una bottiglia di Champagne e libri tra i quali “Facce da mafiosi”.

L’interrogatorio di Andrea Bonafede

Si è svolto nel carcere del Pagliarelli l’interrogatorio di garanzia oggi del geometra Andrea Bonafede, prestanome di Matteo Messina Denaro. Il 59enne di Campobello di Mazara, arrestato due giorni fa, ha ‘prestato’ la propria identità al boss castelvetranese almeno negli ultimi 12 mesi. È accusato di associazione mafiosa.

Il gip ha spiegato che la figura di Bonafede “appare riconducibile a quella dell’affiliato ‘riservato’ al servizio diretto del capomafia“, consentendo al boss “non soltanto di proseguire la sua latitanza, ma altresì e soprattuto di mantenere il suo ruolo di comando nell’organizzazione mafiosa”. Bonafede si è avvalso della facoltà di non rispondere.

Indagati anche i figli di Giovanni Luppino, il commerciante di olive, autista di Messina Denaro, arrestato con lui. Nell’appartamento del figlio Vincenzo è stata trovata una ‘stanza riservata’ che è risultata vuota e in un cortile dei Luppino è stata individuata la Giulietta nera del boss acquistata con i documenti di Andrea Bonafede.

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