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LE TASSISTE RINGRAZIANO LA POLIZIA DI STATO

Non so quanti di voi hanno letto dell’odioso crimine
commesso, ai danni della donna tassista a ‪‎Roma, durante il suo turno di notte di
venerdì scorso.
Ieri, sui giornali, la notizia dell’arresto dello stupratore e rapinatore: un
30enne italiano che ha confessato in questura di essere l’autore
dell’aggressione. 


Ok, ma una volta letto l’articolo, cosa c’è dietro a tutto questo? 
C’è il dolore e lo shock della vittima, una donna
colpevole solo di lavorare.
E lo so che molti penseranno: “una donna di notte non dovrebbe fare questi
lavori!”, ma non è questo il punto tra persone civili. 
Dentro a questa storia, i protagonisti sono: una
donna ferita nel cuore, nell’anima e nella mente; un uomo che si è reso
protagonista del reato più abietto e vile nei confronti di una donna indifesa;
e i poliziotti che hanno lavorato giorno e notte per identificarlo e arrestarlo
nel più breve tempo possibile.

E proprio di questi poliziotti vi voglio parlare, ma
non per ricevere complimenti, perché non c’è niente da festeggiare. Ma solo per
dirvi che quando ti imbatti in queste storie orribili scatta qualcosa “dentro”
alla squadra che investiga e inizia dai primi agenti che vanno in soccorso sul
posto e si trovano davanti una donna ferita e sconvolta. E solo l’esperienza, l’umanità
e la sensibilità possono aiutare per farle tirare fuori tutto, perché soltanto
la vittima può dirti quello che è successo e darti gli spunti per iniziare le
indagini. 
Ogni parola, ogni dettaglio può essere di aiuto.
L’agente della ‪‎Scientifica ascolta
le sofferte risposte e con l’abilità tecnica riesce a dare un volto concreto a
quel ricordo. E tutta la squadra poi si mette al lavoro, senza sosta. Non c’è tempo per dormire e per mangiare basta anche mezzo panino, perché
inizia un lavoro a tappeto. 
Trovare quella faccia é come cercare un ago in un
pagliaio e solo chi conosce il territorio palmo a palmo e tutti i giorni ne
respira gli odori e ne conosce i volti, può riuscire a scremare e scremare,
chiedendo, ascoltando, mettendo insieme faticosamente i pezzi del puzzle,
utilizzando anche le nuove tecniche per individuare le celle telefoniche, fino
a restringere il cerchio dei sospettati.
E una volta fiutato il colpevole bisogna trovarlo e
portarlo in ‪‎Questura, dove inizia un decisivo testa a
testa per farlo crollare. 
Grazie anche a quel famoso identikit iniziale.
Perché, mentre lo interroghi, attraverso una foto puoi mostrarlo alla vittima e
avere da lei la certezza che quello è il colpevole e che ora devi farlo
crollare con le domande, incalzandolo senza sosta sulle sue contraddizioni fino
a che senti le parole “sì, sono stato io”.
Questo il lavoro fatto dalla Squadra mobile di Roma, dal momento della
telefonata ricevuta dalla vittima fino a quello in cui hanno potuto dirle “ora
non può più farti del male”.
E sapete cos’è quel qualcosa che vi dicevo che
scatta “dentro”? 

É la voglia forte, determinata e implacabile di
volerla “vendicare”, assicurando lo stupratore alla giustizia, perché
moralmente ti senti il compagno, la sorella, la madre o il padre di quella
donna. 
Agente Lisa, pagina Facebook

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