Le emergenze del nostra Difesa: Tank vecchi, dei pochi missili e dei soldati troppo anziani
Nel corso degli ultimi anni, la Difesa italiana ha dovuto far fronte ad alcune emergenze che ne hanno compromesso l’efficienza. La situazione dei tank, ad esempio, è critica: molti di questi mezzi sono vecchi e necessitano di essere sostituiti, ma le risorse per farlo sono limitate. Inoltre, le scorte di munizioni sono insufficienti e la classe di sottufficiali è poco numerosa e troppo anziana. Questi fattori rendono difficile per l’esercito svolgere le proprie funzioni in modo adeguato e rappresentano un ostacolo per il raggiungimento degli obiettivi. Per risolvere queste emergenze, è necessario aumentare gli investimenti per la formazione e l’addestramento dei soldati, rinnovare la flotta di mezzi corazzati e reclutare nuovi giovani sottufficiali. Solo così sarà possibile garantire l’efficienza della Difesa e la sicurezza del Paese. In un report di Piero Batacchi per il Quotidiano Nazionale sono stati analizzati nel dettaglio i punti deboli della Difesa che vi riportiamo.
L’addestramento bellico dell’esercito italiano: solo il 20% dei soldati ha svolto addestramento nel 2020
L’addestramento bellico dei soldati rappresenta un problema ancora più grave di quanto si pensasse. Secondo gli ultimi dati, nel 2020 solo il 20% dei 95mila soldati ha fatto addestramento bellico e un altro 20% ha partecipato a missioni all’estero e a Strade Sicure. E’ necessario ringiovanire la (decisiva) classe dei sottufficiali. “La prima emergenza – osserva Piero Batacchi – è quella della spesa per l’esercizio, e cioè per il mantenimento in efficienza dei mezzi, le scorte e l’addestramento. Questo è un problema grave. Ad esempio le scorte di munizionamento, questione comune ad altri Paesi europei, sono oggi inadeguate”.
Le scorte di munizionamento inadeguate e il tallone d’Achille delle forze corazzate italiane
Una delle principali criticità dell’esercito italiano riguarda le scorte di munizionamento. Questa problematica è condivisa anche da altri Paesi europei, ma in Italia risulta particolarmente pressante. Infatti, le scorte di munizioni sono considerate inadeguate, soprattutto in considerazione dell’attuale situazione geopolitica. Inoltre, le forze corazzate italiane presentano un altro grave problema: sono inferiori rispetto al numero necessario per garantire una difesa adeguata. Questo rappresenta un vero e proprio tallone d’Achille per l’esercito italiano, che risulta essere dotato di tank vecchi e pochi missili. In tal senso, risulta fondamentale investire in nuovi mezzi corazzati e migliorare la spesa per l’esercizio, al fine di garantire una maggiore efficienza nell’addestramento e mantenere in efficienza mezzi e scorte.
La situazione nell’Esercito Italiano
La situazione del nostro esercito non è delle migliori, soprattutto per quanto riguarda i mezzi terrestri. L’Italia sta cercando di riqualificare i suoi 125 carri armati pesanti Ariete, ma quelli operativi sono meno di 50, mentre per il futuro servirebbero 125 Leopard 2 A7. Anche i veicoli da combattimento fanteria pesante Dardo sono ormai obsoleti e ne sono rimasti solo 200, che andrebbero sostituiti con 400 Linx tedeschi o CV90 svedesi. Inoltre, servono moderni veicoli blindati anfibi e più obici e lanciarazzi multipli, droni d’attacco e da osservazione, più missili anticarro moderni come gli israeliani Spike. La situazione è critica anche per quanto riguarda le Lince, che andrebbero sostituite con il modello Lince 2 in 1.600 esemplari. Infine, gli elicotteri d’attacco Mangusta verranno rimpiazzati con il programma AV249.
La situazione nell’Aeronautica Militare
Attualmente l’Aeronautica Militare dispone di 196 aerei da combattimento, tra cui 96 Eurofighter Thyphoon, 58 Tornado, 24 Amx e 15 F35. Tuttavia, il numero degli F35 dovrebbe essere ripristinato, in quanto il governo Monti lo aveva portato da 131 a 90, e al momento la Difesa ha firmato un contratto per l’acquisizione di altri 18 F35. Inoltre, l’Aeronautica vorrebbe dotare i Thyphoon di missili antinave Marte R e acquisire 8 Gulfstream da guerra elettronica, visto che ne abbiamo solo 2. Per difendere le basi aeree, invece, sarebbe necessario dotarsi di 5 sistemi missilistici Samp-T, come quelli in possesso dell’Esercito. Tuttavia, sullo sfondo, c’è anche il costoso programma Tempest per il caccia di sesta generazione.
La situazione nella Marina Militare
Anche la Marina Militare ha bisogno di un potenziamento, sebbene nel 2024 potrà vantare l’operatività della portaeromobili d’assalto anfibio Trieste (che nel 2024 consentirà di dismettere la Garibaldi) che opererà con la portaerei Cavour. A bordo di questa nave saranno presenti fino a 30 F35B, di cui 15 saranno dell’Aeronautica e 15 della Marina, che ha chiesto di raddoppiarne la quota. Inoltre, sono in fase di studio la realizzazione di una classe di cacciatorpediniere per sostituire i due classe Ammiragli e affiancare i due Orizzonte, l’acquisto di due nuove fregate classe Bergamini entro il 2025 e LPD entro il 2035 per la guerra anfibia che prenderanno il posto della classe San Giorgio. La Marina avrà anche bisogno di 5 pattugliatori d’altura della classe Thaon di Revel e di 12 nuove unità contromisure mine per un valore totale di 2,8 miliardi di euro da completare entro il 2031. Inoltre, sarà necessario potenziare la capacità aerea per la guerra sottomarina, grazie all’acquisto di C27 antsom o P1 o P8 Poseidon, in quanto i P-72A che hanno sostituito gli Atlantic dell’Aeronautica Militare sono disarmati.
Quanto spende l’Italia per la Difesa
L’Italia ha stanziato l’1,51% del proprio Prodotto Interno Lordo per la Difesa nel 2022, pari a 28,75 miliardi di euro. Il personale, compreso quello civile e militare, è la maggiore voce di spesa, rappresentando il 62% del totale, mentre l’equipaggiamento ha visto un calo rispetto all’anno precedente, con il 22,69% del budget destinato a questo settore. Il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, ha sottolineato l’importanza dell’impegno del 2% come minimo per garantire la sicurezza. L’Italia si colloca poco al di sotto della percentuale media di spesa dei membri Nato, che è dell’1,65% del Pil, mentre gli Stati Uniti hanno raggiunto il 2,58%. L’anno scorso, gli USA hanno coperto il 70% della spesa militare dei membri Nato, mentre l’Italia ha coperto solo il 3%. La premier Giorgia Meloni ha espresso la volontà di impegnarsi per portare la spesa militare al 2% del Pil.
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