Esercito

La replica del Generale Vannacci, «Non mi scuso. Lotto contro il pensiero unico. I gay non sono normali, come me»

Il generale Roberto Vannacci non ci sta. Non ci sta a passare per razzista e omofobo. Ma non fa nessun passo indietro dopo lo scoppio della polemica sul suo libro “Il mondo al contrario”. E dopo le critiche del ministro della Difesa Guido Crosetto. Che ha annunciato un «esame disciplinare» per il militare. In due interviste rilasciate al Giornale e al Quotidiano Nazionale Vannacci si difende attaccando. E ribadendo le sue posizioni. «Niente passi indietro. Se metterò a rischio la carriera lo avrò fatto per una giusta causa: la lotta al pensiero unico», dice a Fausto Biloslavo. In oltre trecento pagine l’attuale responsabile dell’Istituto geografico militare snocciola una serie di giudizi omofobi e prese di posizioni contro femminismo, migranti e ambientalismo. Nelle interviste è più moderato.

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«I gay non sono normali, come me»

«Io mi posso tranquillamente definire una persona non normale. In tutto quello che ho fatto, nella mia vita e nella mia carriera militare, sono uscito dalla normalità», dice invece a Fabrizio Morviducci per spiegare la frase sugli omosessuali che non sono normali. E ancora: «Gli omosessuali non sono normali tanto quanto non lo sono io. Sono una persona che ha fatto scelte diverse, cose e di cui vado fiero. E sarei altrettanto fiero se fossi omosessuale». Mentre dice di non essere razzista perché ha combattuto in Iraq: «Il fatto di avere combattuto fianco a fianco, mano nella mano, con persone di etnia africana, mediorientale, tajiki, pasthun rivela proprio che l’accusa di razzismo è un’invenzione dei media. Senza mai tirarmi indietro ho rischiato la pelle per ideali e principi di etnie diverse, se non le vogliamo chiamare razze. Ma con questo non voglio dire che non esistono etnie, culture, civiltà diverse».

Il libro

In ogni caso, dice Vannacci, il libro «lo riscriverei senza alcun problema. Mai avuto paura delle mie opinioni: le posso sostenere davanti a chiunque. Questo non vuol dire che non sia pronto a ricredermi su alcuni aspetti se qualcuno mi fa ricredere. Ma mi faccia dire una cosa». Ovvero: «Mi sono battuto in giro per il mondo per il mio Paese e accanto a molti popoli. Ne ho salvati tanti, sono stato al loro fianco. Ho rischiato la mia vita e quella dei miei uomini. Non ho nulla contro queste etnie, lo do per scontato e non lo devo dimostrare. Parla per me la mia carriera. Quando ho combattuto contro lo stato islamico in Iraq non mi sono tirato indietro per gli iracheni, l’ho fatto come se fosse la mia casa. L’ho fatto anche in Afghanistan, in Ruanda, in Somalia dove ho curato l’addestramento dei somali filogovernativi, ci ho vissuto insieme, dormito insieme, abbiamo combattuto insieme. Non ho alcun pregiudizio su alcuna popolazione. Però non mi si venga a dire che siamo tutti uguali perché non lo siamo. Il mondo è bello anche per la sua diversità».

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Nelle sedi opportune

Su Crosetto è categorico: «non mi esprimo nei confronti del ministro. Mi esprimerò davanti a lui quando mi convocherà o nei confronti di chi mi convocherà. Conosco il rispetto, risponderò nelle sedi opportune». In ogni caso, anche se il libro potrebbe costargli la carriera, «nessun passo indietro. Se metterò a rischio la carriera lo avrò fatto per una giusta causa: la libertà di opinione».

E dice di essersi moderato: «Quando parlo del batacchio tra le gambe, parlando di un uomo che entra nello spogliatoio femminile, sarei potuto essere ben più osé. Ma mi interessava far capire che non sono d’accordo». Anche la frase su Paola Egonu “somaticamente non italiana” è stata travisata: «È italiana, gareggia e rappresenta sicuramente l’Italia. Quello che dico è che i suoi tratti somatici non rappresentano l’italianità come raffigurata da 4mila anni di storia fin dagli affreschi degli etruschi. Se vai in Papua Nuova Guinea e chiedi di fare il ritratto di un italiano non lo disegnano con la pelle nera perché tradizionalmente non siamo neri».

La carriera di Vannacci

Vannacci ha fatto l’Accademia Militare prima di diventare incursore. È entrato nell’élite combattente del reggimento Col Moschin. Poi è diventato comandante. È stato in Somalia, Costa d’Avorio, Rwanda e Yemen. A Nassiriya e in Afghanistan è stato a capo degli incursori. Infine la direzione del battaglione contro l’Isis al comando della Folgore. Ha tre lauree, due master e parla cinque lingue. Nel 2017 ha presentato due esposti alla magistratura denunciando gravi omissioni nella tutela della salute delle truppe italiane in Iraq. Nell’intervista che rilascia oggi a Repubblica dice che c’è una lobby gay che guida l’informazione: «C’è qualcuno, un gruppo di pressione che opera». E sostiene con Matteo Pucciarelli che dire ebrei di m… non è peggio che dire cristiani di m…: «Ho capito, c’è stata la Shoah, va bene. Ma questo non configura la religione ebraica come protetta».

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