Carabinieri

La lapide del carabiniere Walter Frau, ucciso in servizio, danneggiata ed oltraggiata

La lapide di Walter Frau, il carabiniere 30enne vittima insieme al collega Ciriaco Carru di una sparatoria con un gruppo di malviventi, è stata danneggiata da ignoti nella notte. L’oggetto, posto in località Ped’e Semene a Chilivani, è stato anche imbrattato con scritte ingiuriose e minacce rivolte ai militari.

Il gesto è stato condannato dalle istituzioni locali, dall’Arma e dal presidente della Regione che ha parlato in una nota anche a nome della Giunta di atto “criminale, vile e disgustoso, che offende non solo la memoria di un eroico carabiniere, ma la coscienza di tutti i sardi”.

I carabinieri Cau e Frau

Frau e Carru erano in servizio al Radiomobile il 16 agosto del 1995 e avevano ritrovato un mezzo rubato al cui interno erano state posizionate varie armi da fuoco, insieme a un altro veicolo, anche questo provento di furto. Alla centrale avevano comunicato di aver effettuato un arresto, quello di Salvatore Antonio Giua, quando all’improvviso qualcuno – identificato poi in Graziano Palmas e Andrea Gusinu – ha sparato loro alle spalle dei colpi di kalashnikov. Carru aveva risposto al fuoco ferendo Palmas, e uccidendo l’uomo che era stato arrestato mentre questi tentava di fuggire. Palmas però aveva continuato a esplodere colpi contro Carru, che infine era deceduto. Il collega Frau era invece morto sotto gli spari partiti da un altro malvivente, Sebastiano Pirino, e da quelli di Gusinu.

Walter Frau, motivazione della medaglia d’oro al valore militare

«Conducente di nucleo radiomobile in area ad elevata densità criminale, mentre con il proprio capo equipaggio procedeva all’arresto di un malvivente, che vigilava su due automezzi, con armi a bordo, poco prima rubati, veniva investito improvvisamente da violenta azione di fuoco incrociato attuata dai complici del predetto malvivente che si apprestavano a rapinare un furgone portavalori. Incurante della situazione di palese inferiorità non si sottraeva all’impari scontro e si lanciava contro i banditi, riuscendo a ferirli con l’arma in dotazione finché, colpito mortalmente, non si accasciava esanime al suolo. Tale azione impediva la consumazione della rapina e rendeva possibile la identificazione e la cattura dell’intera organizzazione. Fulgido esempio di elette virtù militari e di altissimo senso del dovere spinto fino all’estremo sacrificio.»
— Chilivani (SS), 16 agosto 1995

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