Difesa

La Difesa non risarcisce la vedova e il Tar invia il commissario al ministero

Al rientro da una missioni militare in Bosnia, nel 2000, un soldato del Tuscania è morto di tumore. A causare la malattia sarebbe stata la correlazione con l’uranio impoverito dei proiettili.

Dopo anni di lotte processuali la Corte d’appello di Firenze ha riconosciuto quella correlazione«condannando» il ministero della Difesa a risarcire la vedova del parà di 900 mila euro. Soldi che la moglie dell’ex parà non ha ancora visto perché il ministero non ha ottemperato alla sentenza. Così ieri con una sentenza il Tar della Toscana ha nominato un commissario ad acta per far eseguire il pagamento.

«È senza dubbio la prima volta da quando esplode il caso uranio e forse nella storia della Repubblica» — commenta Domenico Leggiero, dell’Osservatorio Militare — «che un ministro della Difesa venga commissariato perché non ottempera alle sentenza di un Tribunale della Repubblica. Fatto grave, anzi gravissimo, visto che la sentenza in questione riguarda una vedova ed un’orfana di un Maresciallo dei Carabinieri del Tuscania».

Richiesta al premier

Leggiero ricorda che «il ministro Trenta era intervenuta nei mesi scorsi per garantire alla vedova che la Difesa avrebbe pagato quanto disposto dalla magistratura, ma non è accaduto nulla. Sarà ora un commissario a far rispettare la sentenza. Intanto — aggiunge — di quanto avvenuto non potrà non tenerne conto il premier Giuseppe Conte, che avrà ancora il suo da fare nell’affrontare l’interruzione delle cure chemioterapiche annunciate da tanti malati da uranio impoverito». Secondo l’Osservatorio ad oggi sono 366 i decessi e 7.500 i malati. Nei processi per richieste di risarcimento le Forze Armate hanno sempre negato il nesso causale tra l’uranio impoverito dei proiettili e l’insorgenza di tumori tra i soldati italiani nei teatri di guerra. Angelo Fiore Tartaglia, avvocato di molti militari colpiti, ricorda però che sono «già 130 le sentenze che riconoscono il nesso di causalità».

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