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Il sottosegretario alla Difesa Perego di Cremnago incontra il Cocer Interforze. “Tematiche importanti avvertite dai militari”

L’incontro tra il sottosegretario alla Difesa, On. Matteo Perego di Cremnago, e i delegati del Cocer Interforze è stato molto costruttivo. Durante l’incontro sono state esposte le difficoltà che attualmente vivono i i militari, in particolar modo, in un documento congiunto sono state affrontate tematiche riguardanti il riconoscimento della specificità attraverso previdenza dedicata e i compensi per lavoro straordinario. Il Sottosegretario ha assicurato maggiore attenzione alle istanze del personale mostrando apprezzamento per la dedizione dimostrata dai militari nello svolgere i propri compiti istituzionali.

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Riconoscere la specificità del personale militare attraverso una previdenza dedicata

Quello della previdenza, e in particolare di un sistema pensionistico specifico per gli appartenenti al compatto “Difesa e Sicurezza”, è un argomento che il Consiglio Centrale di Rappresentanza dei Militari ha portato all’attenzione di tutte le Autorità che ha avuto l’opportunità di incontrare lungo lo svolgersi del mandato’. Non solo, ma è stato posto quale pregiudiziale per la prosecuzione delle procedure di concertazione che hanno condotto al rinnovo del contratto per il triennio 2019/20212.

Sui tavoli ai quali siamo stati invitati e ascoltati, abbiamo portato gli argomenti dei colleghi più giovani, sia di quelli rientranti per poco nel c.d. “sistema misto”, ma soprattutto quelli di coloro che ricadono interamente nel meccanismo contributivo. Con riferimento a questi ultimi abbiamo affermato, crediamo senza esagerazione alcuna, che, stando così le cose, essi sono destinati a percepire una pensione non solo inferiore rispetto ai colleghi che li precederanno nel lasciare il servizio attivo, ma che non consentirà loro nemmeno di vivere una esistenza dignitosa. Questo avverrà non nel prossimo secolo, ma all’incirca tra 10 anni, un lasso di tempo che possiamo definire molto breve se pensiamo a quanto la tematica sia complessa e onerosa, in momenti oggettivamente difficili per un Paese che tenta di lenire le ferite lasciate dalla pandemia e nel contempo subisce le conseguenze economiche e l’incertezza della situazione geopolitica mondiale.

Il miglioramento della situazione attuale passa attraverso l’adozione di uno strumento che sia innanzitutto l’affermazione della specificità che l’articolo 19 della legge 4 novembre 2010, n. 183, ha riconosciuto agli appartenenti alle Forze Armate e alle Forze di Polizia, “in dipendenza della peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali, previsti da leggi e regolamenti, per le funzioni di tutela delle istituzioni democratiche e di difesa dell’ordine e della sicurezza interna ed esterna, nonché per i peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e i correlati impieghi in attività usuranti”.

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Quelle peculiarità di impiego richiamate dalla norma si traducono in limiti di età più bassi rispetto agli altri dipendenti pubblici. Su questo tema, talvolta si leggono e ascoltano prese di posizione tendenti a considerare i limiti troppo bassi e, di conseguenza, a elevarli. Si tratta di un argomento molto delicato, da mettere in relazione con:

– la necessità di disporre di un comparto in piena efficienza, pronto e reattivo di fronte alle emergenze;

– l’esigenza di incrementare gli arruolarnenti dei più giovani.

Quindi, se l’impiego è specifico e se le attività demandate sono usuranti, ha certamente una logica prescrivere una cessazione dal servizio anticipata rispetto agli altri dipendenti pubblici.

Fermo restando, dunque, il bisogno di mantenere gli attuali limiti ordinamentali, occorre chiedersi cosa è possibile fare, tenendo conto che il c.d. “secondo pilastro”, ossia la previdenza complementare, non è mai stato attivato dall’entrata in vigore della “riforma Dini” e la sua realizzazione ora appare oggettivamente difficile.

A seguito della richiamata questione pregiudiziale alla prosecuzione delle trattative per il rinnovo contrattuale 2019/2021, con la legge di bilancio per il 2022, è stato istituito un fondo, della consistenza di 20 milioni di euro per l’anno 2022, 40 milioni di euro per il 2023 e 60 milioni di curo a decorrere dal 2024, per l’adozione di provvedimenti normativi volti alla progressiva perequazione del regime previdenziale del personale delle Forze Armate, delle Forze di Polizia e del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco’.

Si fa riferimento a:

a. misure compensative rispetto agli effetti derivanti dalla liquidazione dei trattamenti pensionistici per il personale in servizio il giorno precedente la data di entrata in vigore del relativo provvedimento normativo;

b. interventi integrativi delle forme pensionistiche complementari per il personale immesso nei ruoli a decorrere dalla data di entrata in vigore del relativo provvedimento normativo (a questi ultimi interventi deve essere riservato almeno il 50% delle risorse).

Anziché puntare ancora sulla previdenza complementare, a nostro avviso occorrerebbe ancorarsi al già richiamato concetto di specificità e proseguire lungo il sentiero che conduce alla creazione di un sistema previdenziale “dedicato”, agendo sui coefficienti di trasformazione, così come preannunciato al Signor Ministro della Difesa in occasione dell’incontro dell’8 novembre scorso.

L’attuale sistema, fondato su coefficienti di trasformazione crescenti e senza distinguere tra comparti del pubblico impiego, penalizza chi ha un limite di età di 60 anni, il quale si viene a trovare nell’assurda situazione di aver raggiunto il massimo del servizio ma di “doversi accontentare” di un coefficiente più basso rispetto al dipendente pubblico di altri comparti che raggiunge anch’egli il massimo del servizio, ancorché collocato al compimento del 67mo anno di età. Si viene a creare, in sostanza, quella che sembra essere una disparità di trattamento, a danno dei colleghi che rappresentiamo.

Pertanto, anche alla luce del fatto che, mediamente, gli appartenenti al comparto contribuiscono in misura maggiore rispetto agli altri dipendenti pubblici, riteniamo che i tempi siano maturi per adottare interventi che vadano decisamente nella direzione della istituzione di una previdenza ad hoc, attraverso la riorganizzazione dei coefficienti di trasformazione, garantendo cioè ai colleghi che raggiungono il limite di età il medesimo coefficiente previsto per i dipendenti pubblici che vanno in pensione a 67 anni. Trattandosi di misura onerosa, le risorse appostate sul fondo istituito dalla legge di bilancio per il 2022 potrebbero essere destinati alla copertura, almeno parziale, delle maggiori spese previste.

Prima di concludere su questo punto, riteniamo di dover:

– dichiarare l’auspicio del Co.Ce.R. di partecipare alle fasi di “costruzione” di un nuovo sistema previdenziale, in particolare anche attraverso l’audizione innanzi alle competenti Commissioni parlamentari, che, ci risulta, stanno esaminando alcuni disegni di legge che muovono nella direzione indicata;

– esprimere un ringraziamento al Sig. Ministro della Difesa per le parole che ha speso in risposta a quelle di un ex Presidente dell’INPS, il quale, nel corso di una trasmissione televisiva, ha. trasmesso una immagine dei colleghi  “privilegiati”. Probabilmente si voleva dire qualche altra cosa, ma il “messaggio” che è passato è proprio quello e ha provocato tanta amarezza nei colleghi rappresentati, che da anni si battono per essere, invece, dichiarati “specifici”;

– chiedere al Governo di stimolare una riflessione sulla procedura adottata dall’INPS, in materia di anticipazione, per intero o di quota-parte, del Trattamento di Fine Servizio e sulla completezza dei dati in possesso dell’Istituto.

Il tema dei compensi per lavoro straordinario

Nel corso delle più volte richiamate trattative per il rinnovo contrattuale, il Co.Ce.R. ha sottolineato come, in materia di compenso per lavoro straordinario, sussista una evidente e ingiustificata disparità di trattamento tra le Forze di Polizia a ordinamento civile da un lato e Forze Armate e Forze di Polizia a ordinamento militare dall’altro.

Infatti, mentre Polizia di Stato e Polizia Penitenziaria beneficiano di una norma che stabilisce ìl pagamento, entro i due anni successivi e senza alcun adempimento particolare, degli straordinari non pagati per incapienza del monte — ore, i colleghi che rappresentiamo hanno diritto a tale pagamento solo dopo aver chiesto il riposo compensativo ed aver ricevuto un diniego per motivi di servizio.

La questione non si è risolta in sede di concertazione, ma è divenuta oggetto di un impegno governativo ad istituire un tavolo tecnico presso il Ministero della Pubblica Amministrazione, nell’ambito del quale affrontare la peculiare tematica.

Nonostante il Consiglio abbia più volte richiesto notizie, nonché di poter partecipare ai lavori di tale tavolo, ci risulta che questi ultimi siano fermi dall’inizio della scorsa estate.

Rinnoviamo, quindi, la nostra richiesta di essere coinvolti nei lavori presso il Ministero della Pubblica Amministrazione, auspicando che il tema, sul quale registriamo grande attenzione da parte dei colleghi che rappresentiamo, possa trovare soluzione prima dell’avvio della procedura di concertazione per il rinnovo del contratto relativo al triennio 2022/2024.

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