Il Consiglio di Stato su “whistleblowing” esclude applicazione a Forze Armate e di Polizia
(di Avv. Umberto Lanzo) – Il Consiglio di Stato, tramite con parere 30 novembre 2023, n. 1485, ha affrontato la complessa questione dell’integrazione della Direttiva UE 2019/1937, nota come direttiva whistleblowing, nel contesto normativo italiano, soprattutto in relazione alle Forze Armate e di Polizia.
La Direttiva, con l’obiettivo di rafforzare la protezione dei whistleblower, ha introdotto significative novità nella legislazione nazionale, ampliando l’ambito di applicazione della tutela a un ampio spettro di lavoratori, inclusi quelli del settore pubblico e privato. Tuttavia, questo esteso campo d’applicazione solleva questioni delicate in merito alla coesistenza con gli ordinamenti specifici di Forze Armate e Polizia.
Preoccupazioni dei Ministeri dell’Interno e della Difesa
I Ministeri dell’Interno e della Difesa hanno espresso preoccupazioni riguardo potenziali antinomie giuridiche, temendo un impatto sulla gestione del personale e sugli aspetti organizzativi e disciplinari interni, essenziali per il mantenimento della coesione e dell’efficienza operativa.
Entrambi i Ministeri hanno rammentato che il personale delle Forze armate e di polizia è assoggettato ad una normativa specifica che implica l’attenuazione di alcune “libertà fondamentali (…) in ambito politico e sindacale” (Corte costituzionale n. 120 del 2018), nonché l’assoggettamento ad una serie di doveri che configurano uno status del tutto originale e non comparabile con quello del restante personale della P.A., al fine di garantire l’assolvimento dei loro compiti.
In tal senso, la pariteticità funzionale tra Forze di polizia a ordinamento civile e a ordinamento militare si riverbera negli assetti organizzativi dei suddetti corpi, nei quali sono presenti analoghe norme di coesione interna e disciplina, compreso uno speciale statuto penale.
I Ministeri hanno enucleato, a titolo meramente esemplificativo, una serie di fattispecie emblematiche delle antinomie giuridiche che potrebbero prodursi dall’interazione tra le disposizioni del d.lgs. n. 24 del 2023 e le disposizioni normative nazionali che disciplinano il personale delle Forze di polizia e delle Forze armate ad ordinamento militare o civile, nonché le ricadute che potrebbero discendere dall’attribuzione del ruolo di whistleblower ad un soggetto appartenente a tali categorie, con l’elevato rischio di compromettere la funzionalità stessa dell’Amministrazione di appartenenza, potenzialmente costretta a dover giustificare ogni successivo atto di gestione del suddetto personale, se non addirittura ad astenersi dall’adottare eventuali provvedimenti organizzativi, gestionali, disciplinari, cautelari.
i Ministeri riferenti hanno segnalato le possibili problematiche, anche di livello costituzionale (art. 109 Cost.), conseguenti al riconoscimento della qualifica di wistleblower all’appartenente alle Forze di polizia a ordinamento civile o militare non solo in relazione alle specifiche normative di settore, ma anche all’espletamento delle funzioni di polizia giudiziaria laddove l’ufficiale o l’agente denunci fatti riguardanti l’integrità della propria amministrazione:
– con riguardo all’opportunità di farlo permanere tra coloro che svolgono attività investigativa;
– con riguardo alla violazione del segreto istruttorio (artt. 319 e 347 c.p.p.);
– con riguardo all’esercizio dei poteri dell’autorità giudiziaria in materia di assegnazione, direzione e coordinamento delle sezioni di polizia giudiziaria.
Il Parere del Consiglio di Stato
Il Consiglio di Stato ha sottolineato come l’applicazione della direttiva non debba pregiudicare la sicurezza nazionale, responsabilità esclusiva degli Stati membri. Ha, inoltre, ribadito che le specificità degli ordinamenti delle Forze Armate e di Polizia dovrebbero essere salvaguardate, preservando la loro autonomia e le peculiari norme interne.
In particolare, l’analisi del Consiglio ha chiarito che le disposizioni del d.lgs. n. 24 del 2023, che recepisce la direttiva in Italia, non possono incidere sulle materie di difesa nazionale e ordine pubblico, né modificare gli ordinamenti specifici di militari e forze di polizia. Ciò implica che le regole in materia di whistleblowing trovano applicazione limitata in questi settori, mantenendo intatte le strutture gerarchiche e di obbedienza, pilastri fondamentali per l’efficienza e la sicurezza delle operazioni.
Tale conclusione – secondo il Consiglio di Stato – è coerente anche con la costante giurisprudenza della Corte costituzionale e quella dello stesso Consiglio di Stato secondo la quale la regola generale è che, salvo che la legge non disponga diversamente, ogni Forza di polizia o armata è tributaria di una autonoma disciplina giuridica (ed economica) non comparabile con lo statuto del personale pubblico in genere.
In particolare la Corte costituzionale ha affermato che “(…) ogni eventuale disparità di trattamento tra militari e civili va ovviamente valutata alla luce della peculiare posizione del cittadino che entra (attualmente per propria scelta) nell’ordinamento militare, caratterizzato da specifiche regole ed esigenze (…)” .
Il Consiglio di Stato ha, inoltre, evidenziato che la prevalenza e la preferenza, accordata dal legislatore in sede di attuazione della direttiva (UE) 1937/2019, al ricorso a canali interni di segnalazione, lasciando impregiudicata la possibilità di passare attraverso la gerarchia interna, a fronte di ordinamenti connotati da carattere di specialità e autosufficienza rispetto a quello generale, quali quelli del personale militare e delle Forze polizia di Stato, si traduce, per una questione di coerenza del sistema, nell’applicazione dei principi e delle regole loro propri.
In conclusione, il parere del Consiglio di Stato apre la strada a un’interpretazione equilibrata della direttiva whistleblowing, riconoscendo le necessità di un adeguato bilanciamento tra la protezione dei segnalanti e le esigenze specifiche delle Forze Armate e di Polizia.
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