Editoriale

FORZE DELL’ORDINE SOTTO ATTACCO. “CI VOGLIONO MORTI O IN GALERA”

Riportiamo di seguito un interessante approfondimento a cura di Giuseppe De Lorenzo per il Giornale.it sulla condizione delle Forze dell’ordine nel Nostro Paese, con particolare riferimento alle aggressioni subite nelle prime due settimane del mese di ottobre.

“La radio gracchia, ti informano che c’è una richiesta di aiuto. Quante volte hai corso. Quante volte hai rischiato la vita per aiutare gli altri. Quante volte hai protratto l’orario di servizio per emergenti e improrogabili esigenze istituzionale.

Tante volte. Ciao Nicola”. Questa lettera è stata dedicata a Nicola Scafidi, 28 anni, agente morto durante il servizio, schiacciato da un furgone impazzito sulla A4. Uno dei tanti, troppi, poliziotti, carabinieri, militari aggrediti e uccisi dai banditi. È evidente: vestire una divisa in Italia è più difficile e pericoloso. E nemmeno conveniente, visti gli stipendi e l’abbandono da parte di Stato e governo che non si degnano nemmeno di assicurare luoghi di lavoro decenti.

Forze dell’ordine abbandonate

Le cronache recenti dimostrano quanto detto. Ad agosto, nel campo profughi di Rosarno, un migrante ha tirato fuori il coltello e accoltellato un carabiniere. Per difendersi dall’immigrato, il militare non ha potuto fare altro che estrarre la pistola e sparare. Ammazzando Sekine Traore sul colpo. Apriti cielo. Subito scattano lamentele e proteste contro l’uso delle armi da parte delle Forze dell’ordine. Eppure non è certo una novità che la polizia finisca sotto attacco. Il caso più grave viene da Ventimiglia, quando il 6 agosto il sovrintendente capo della Polizia, Diego Turra, è stato stroncato da un infarto durante i tafferugli provocati da No Border e anarchici. Ucciso dallo stress, dalla pressione, dalla fatica di reggere l’ordine pubblico contro chi lo vuole sovvertire.

A pensarci bene Ventimiglia può raccontare anche altro. Può raccontare una tragedia pienamente italiana. Il commissariato al confine con la Francia, infatti, è una sorta di accampamento nomade al cui interno bivaccano i profughi. Un orrore. “Bagni rotti, lavandini sudici e pieni di sporco, muri scrostati, pavimenti in stato pietoso, mattonelle lerce e locali in abbandono”, raccontava Serenella Bettin su ilGiornale. E le foto sono una testimonianza straziante. Situazione simile la vivono i commissiarati di Roma, che con l’emergenza migranti si sono trasformati in centri profughi improvvisati. A Viminale ci sono 14 minorenni costretti a dormire nelle sale d’attesa del commissariato, lo stesso succede a Trevi e Collegio Romano.

Ottobre di assalti alle Forze dell’Ordine

Ma se vogliamo concentrarci sui pericoli che ogni giorno un agente corre per difendere la nostra sicurezza, basta guardare a quanto successo nella sola prima settimana di ottobre. A Mariano Comense uno spacciatore albanese, Amine Soufiane, 21 anni, per sfuggire alla cattura ha investito e quasi ucciso un agente della squadra antidroga di Lecco. Sebastiano, 33 anni, è in rianimazione costretto al coma farmacologico. Il giorno successivo, a Cremona un secondino della polizia penitenziaria è stato aggredito da un detenuto. A San Salvi (Firenze) un poliziotto è stato circondato nella notte da 6 nordafricani che gli lanciavano addosso sassi e bottiglie. Per evitare il peggio è stato costretto ad estrarre l’arma e sparare. In aria. Lo stesso giorno, dall’altra parte d’Italia, a Palermo, due agenti sono stati presi a calci e pugni da un 40enne dopo una lite con la moglie. A Roma invece un cubano armato di machete ha fatto irruzione in una casa di rifugio, ha preso in ostaggio una suora e poi ha colpito un poliziotto rubandogli la pistola. Non contento ha aperto il fuoco contro l’agente, ferendolo di striscio. Bollettino finale: due agenti feriti. Infine, a Napoli militari e poliziotti sono stati circondati da 100 immigrati inferociti, rischiando grosso.

L’odio dei magistrati

Il problema è che le forze dell’ordine non possono nemmeno difendersi, perché a disarmarli c’è la magistratura. Per due evidenti motivi: il primo, perché grazia i malviventi catturati con fatica dalle volanti; il secondo, perché sembra godere nel mettere alla gogna un carabiniere che spara (e magari uccide) un bandito durante un’azione di ordine pubblico. Volete due esempi recenti? A Ferrara il 5 ottobre il giudice ha rimesso in libertà il parcheggiatore abusivo nigeriano che aveva strattonato e sbattuto a terra una poliziotta. Ad Ancona, invece, il pm ha chiesto un anno e otto mesi di carcere per un carabiniere che un anno fa sparò (e uccise accidentalmente) ad un ladro albanese in fuga che con la sua auto stava per investire due colleghi dell’Arma.

Un episodio che ha fatto esplodere la rabbia dei sindacati. A ragione. “I poliziotti sono la categoria con le indennità più basse di tutto il publico impiego – dice Giuseppe Crupi, drigente nazionale Siap – e manca pure la copertura legale per i fatti inerenti al servizio”. “L’unica opzione disponibile per le Forze dell’ordine che si trovano ad affrontare una criminale è uccidere o andare in carcere”, ribatte il Coisp. In effetti non c’è alternativa. Perché si sa: in Italia gli unici poliziotti buoni sono quelli morti.

 

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