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ECCO LA NUOVA AMMIRAGLIA DELLA MARINA MILITARE DA 1100 MILIONI

(di Gianluca de Feo) – Di
sicuro c’è solo la firma del contratto. E il prezzo: un miliardo e 126 milioni
di euro. Ma in realtà tutto può trasformarsi in corso d’opera. Perché della
nuova reginetta della flotta italiana al momento ci sono solamente dei disegni
di massima, diffusi dalla rivista specializzata Rid.

L’immagine somiglia
poco a una portaerei e mantiene l’aspetto pacifico di un’unità dedicata alla
protezione civile. La vocazione “a doppio uso”, un po’ militare e un po’
umanitario, è infatti quella che ha permesso il varo in Parlamento del piano
straordinario da 5,4 miliardi di euro per dotare la Marina di navi moderne e
sostenere la cantieristica nazionale. Così il ponte viene presentato ingombro
di container con il simbolo della Croce rossa, evidenziato pure sulle tende
bianche nella stiva e nell’ampio ospedale di bordo. Mentre le prime
informazioni sembrano indicare un progetto molto più agguerrito, destinato a
farla diventare la seconda ammiraglia per mostrare la bandiera tricolore sui
mari.

Il nome tecnico è LHD, ossia Landing Helicopter Dock: una portaelicotteri per
il sostegno delle operazioni di sbarco. Con le guerre che si affacciano sulle
coste del Mediterraneo, è una missione che rischia di farsi presto concreta. E
la nuova nave sarà pronta tra sette anni, quando le attuali unità similari
della classe San Giorgio cominceranno a essere decisamente obsolete. In realtà
l’obiettivo sembra piuttosto quello di rimpiazzare la portaerei Garibaldi, la
vecchia flagship della Marina. La nascente LHD infatti avrà un ponte di volo
lungo duecento metri, venti in più della Garibaldi, e un dislocamento
addirittura doppio, arrivando a superare le ventimila tonnellate. Per stazza e
dimensioni sarà inferiore solo alla Cavour, la portaerei che adesso guida la
nostra flotta.

Anche le dotazioni nascono con grandi ambizioni. Ci sarà una “cupola”
missilistica, affidata al sistema Aster, per la protezione dal cielo: il
migliore apparato disponibile, che nella versione più avanzata ha un raggio di
120 chilometri al prezzo di un paio di milioni per ogni singolo ordigno. E per
questo si prevede un radar d’ultimissima generazione, il Dual Band che Finmeccanica
sta ancora sviluppando. Per la difesa diretta si ipotizzano un paio di cannoni
Oto Melara e congegni anti-siluro e anti-missile. Tutto quello che serve per
farne la base navigante per mille uomini, inclusa una forza d’assalto di
settecento marò con i loro equipaggiamenti che si imbarcherà direttamente nella
stiva grazie a un bacino allagabile. C’è posto per quattro mezzi da sbarco che
possono traghettare a riva persino i carri armati.

In più, stando alle anticipazioni del mensile Rid, la LHD potrà coordinare le
“operazioni di coordinamento e comando delle altre forze navali e di terra”.
Insomma, la nave “a doppio uso” sarà il quartiere generale in battaglia
un’intera squadra da sbarco, proteggendola con i suoi missili anti-aerei.

Il prezzo finale dipenderà molto dal numero e dalla qualità di radar e
armamenti. Per ora, a Fincantieri sono destinati 853 milioni di euro mentre per
le forniture di cannoni, missili ed elettronica di bordo a Finmeccanica ne sono
stati assegnati altri 273. La caratteristica innovativa di questo progetto è
che tutto nasce dalla collaborazione diretta tra la Marina e il consorzio dei
due colossi pubblici, con disegni che vengono aggiornati come un work in
progress. Forse la procedura migliore perché la forza armata ottenga quello che
le serve, ma che richiede anche un valido controllo istituzionale per evitare
che strada facendo l’ammiraglia gonfi muscoli e costi.

Dagli ultimi disegni, ad esempio, sembra emergere la volontà di creare un ponte
di volo molto vasto, sdoppiando le sovrastrutture che svettano sullo scafo: ci
sarà spazio per far decollare contemporaneamente cinque elicotteri pesanti, con
un capace hangar sotto coperta. L’ipotesi di ospitare gli aerei F-35 a decollo
verticale non è stata presa in considerazione. In teoria, lo spazio c’è. Ma il
caccia richiederebbe la costruzione di un ponte con materiali speciali, in
grado di reggere il calore micidiale dei suoi propulsori.

Certo, una nave del genere può dare un buon contributo alle operazioni di
soccorso. A bordo c’è un ospedale, con sale chirurgiche e radiologia completa,
che può ricoverare 28 feriti gravi. E con l’uso di moduli container, il numero
di assistiti può aumentare. Inoltre è in grado di rifornire di acqua potabile e
di energia elettrica le zone costiere colpite da calamità. E trasferire dalle
stive mezzi della protezione civile, usando elicotteri e battelli. Nulla però
che giustifichi l’investimento di 1100 milioni di euro.

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