Politica

Di Maio alla Difesa. Non saprebbe distinguere un F35 da un ferro da stiro

Di Maio ci ricorda l’imperatore Domiziano, ultimo della dinastia Flavia, che guida Roma per ben 15 anni. Molti di meno gli anni, forse mesi, di guida del Movimento da parte di Luigi ma stesso epilogo. Domiziano nell’ultimo periodo assunse atteggiamenti dispotici, troppo autoritari, giungendo a autoproclamarsi dominus et deus (signore e dio). Furono proprio i suoi familiari a cospirare contro di lui, che, per il bene di Roma, si unì ai complottisti per pugnalarlo alle spalle ben otto volte. Ma cosa è successo realmente a “Luigi”? perché si è trasformato nel presidente Di Maio che nessuno più vuole?

Saranno stati i mocassini abbinati alla Lacoste di Porto Cervo o forse i contatti con i poteri forti e medi esclusi dalla base e da quegli ideali che lo rendevano 100% grillino?

Una trasformazione troppo veloce per i tempi politici a cui siamo abituati e che oggi, sicuramente, farebbe invidia al suo dominio Scotti che, per le stesse capacità, al tempo, fu soprannominato tarzan, poiché si muoveva da un’altra all’altra.

Altri, soprattutto i pentastellati storici, dicono che Luigi stia pagando la scelta di essersi avvicinato a una lobby storica che il Movimento non deve riconoscere nel suo mandato ideologico. Ci saremmo anche applauditi alla bravura tecnica di Casalino nell’avere fatto un ottimo lavoro con Conte e aver avuto la forza del dialogo con tutti e questo è stato condannato, aggiunto, Di Maio. Fioca e scontrosa invece la strategia di Di Maio che, questa volta, però, sarebbe stata intercettata da politici navigati del PD e dall’ala seccessionista del Movimento che hanno saputo ostacolare le mosse azzardate.

Sarebbero stati dunque questi i motivi del triste finale di scena sceso su Di Maio sempre più solo, confuso e disposto a qualsiasi cosa pur di tenere un posto: Difesa, Interni, Mise – “Qualsiasi posto che tanto da qui non mi muovo”.

Veline e strategie a fiumi per salvare Luigi, mentre nel silenzio, lontano, si dimenticavano Ministri e parlamentari e soprattutto gli elettori, illusi da una partecipazione su Rousseau e oramai habitué au biscuit.
-Puntiamo in alto, qualcosa arriverà!
-Certo, io no!
Declassato dal Mise e da Chigi al Viminale, dal Viminale alla Difesa, dalla Difesa a …?

Proprio sulla Difesa in troppi hanno espresso la delusione – “ma se non ha fatto neanche il militare” – “ve lo immaginate a Kabul?” – “lo vorrei vedere ai bilaterali nel mondo a parlare in inglese dell’industria militare italiana” “se fa alla Difesa quello che ha fatto All’ILVA, stiamo a posto” – questi alcuni commenti su Facebook e le voci che Difesa.

Povero Luigi che, come se non bastasse, è visto strappare la leadership da Giuseppe Conte ea poco sarvirebbe, ora, il solito voto su Rousseau a proclamarlo re indiscusso del regno digitale della Casaleggio, nonostante la sua reale e scomoda convivenza nella diarchia con Di Battista.

Questa volta dunque, forse, il disegno che avrebbe dovuto rappresentare un politico di centro e di spessore, sarebbe stato sbagliato. Troppi errori, troppe voci fuori dal coro e oramai lontane dalle piazze; troppi inciuci e affari attorno al sudario di un politico che voleva spazzare via la casta e poi è finito dentro, esattamente come Domiziano. La storia si ripete, la politica anche, ma attenzione, il mondo della Difesa è in forte stallo e le donne e gli uomini in divisa non accetteranno più illusioni.

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