Marina militare

Contrabbando di sigarette dalla Libia sulle navi della Marina: quattro militari a processo

Inizierà il prossimo 5 ottobre il processo nei confronti di Marco Corbisiero, ufficiale della Marina militare finito in carcere lo scorso 11 maggio con l’accusa di aver trafficato sigarette di contrabbando dalla Libia all’Italia sulle navi della Marina militare. I pubblici ministeri Giuseppe De Nozza e Alfredo Manco hanno chiesto e ottenuto il giudizio immediato per Corbisiero e altri 3 imputati: si tratta di Roberto Castiglione, Antonio Filogamo e Antonio Mosca. Per i quattro militari l’accusa è di aver detenuto, trasportato e introdotto in Italia ben 690 chilogrammi di sigarette di contrabbando, destinate alla vendita ad altri militari.

Un punto aggravato dal fatto che le bionde erano state trasportate dalla Libia a bordo della nave militare Caprera impegnata tra marzo e luglio 2018 nelle acque libiche come supporto alla guardia costiera locale con l’operazione “Mare Sicuro”. E nella vicenda, sebbene mai rintracciato dalle autorità italiane, c’è anche il maggiore della guardia costiera libica Hamza Ben Abulad: sarebbe stato lui a fornire sigarette e confezioni di Cialis a Corbisiero in cambio della gestione esclusiva dei pezzi di ricambio che la Marina italiana acquistava per riparare le motovedette libiche sulla base di accordo stretto tra i due paesi per limitare il flusso migratorio verso l’Italia.

Fino all’arrivo di Corbisiero il Libia, la Marina poteva contare su un mercato ampio di fornitori, poi l’ufficiale italiano ha fatto in modo che la società “Altikka for service” riconducibile proprio ad Hamza diventasse l’unico interlocutore della forza armata: una gestione monopolistica che secondo la Procura di Brindisi aveva fatti lievitare i prezzi di fornitura anche del 40 percento. E grazie a questo innalzamento dei prezzi, Corbisiero riusciva a garantirsi l’arrivo di sigarette e di altri beni che nulla avevano a che fare con la missione italiana in Libia. E così nelle notti in cui la nave era ormeggiata al porto di Tripoli, una parte dell’equipaggio caricava quintali di sigarette pensando di tenere all’oscuro il comandante e il corpo di guardia.

Il sistema è saltato quando nel luglio 2018 nave Caprera è tornata in Italia e il comandante ha avvertito la Guardia di finanza che erano in corso le operazioni di scarico di sigarette di contrabbando. I finanzieri, guidati dal tenente colonnello Roberto Gargano, sono intervenuti sequestrando il carico e avviando una serie di indagini che hanno permesso di svelare come la raccolta di sigarette dalla Libia fosse una pratica già in voga anche tra gli equipaggi di altre unità navali che si erano avvicendate nelle acque libiche. E da quelle indagini sono emersi anche dettagli più clamorosi, come le riparazioni di armi delle forze armate libiche che i militari italiani avrebbero compiuto violando l’embargo internazionale. Ignaro di essere ascoltato dai finanzieri, infatti, Corbisiero svela a un suo collega come funzionava il sistema: “Sono tutte robe in nero” dice. Poi aggiunge: “Come anche che abbiamo fatto la riparazione alle armi dei libici che c’è l’embargo… questa cosa se esce, è un casino… quindi siamo andati a fare i supporti delle armi alle navi”. Una vicenda pubblicata dal Fatto e sul quale la Marina militare non ha mai replicato né offerto spiegazioni alternative.

Redazione articolo a cura del Fatto Quotidiano

Lascia un commento

error: ll Contenuto è protetto