Sindacati Militari

Carabinieri infuriati per i pasti scadenti: “Questo è quello che dobbiamo mangiare.” I commenti “Meglio i buoni pasto”, ma l’Arma rilancia con i punti cottura

La qualità del servizio mensa per i Carabinieri continua ad essere motivo di polemiche. Il sindacato UNARMA denuncia gravi disagi per i militari della Compagnia di Termoli, puntando il dito contro appalti irrisori e scelte logistiche discutibili da parte dell’Arma.

Mensa esterna distante e non sempre disponibile

Nel comunicato si evidenziano una serie di problematiche riguardanti la fruizione dei pasti da parte dei militari aventi diritto. In particolare, è stata attivata una convenzione con un ristorante esterno situato a circa 10 km di distanza dal Comando, il quale però non garantirebbe il servizio mensa tutti i giorni: l’esercizio infatti aprirebbe alle 12 e la domenica effettua il turno di riposo settimanale.

L’orario di apertura alle 12 non consentirebbe ai militari, soprattutto a chi fa turni e a chi inizia il servizio a mezzogiorno, di poter beneficiare del pasto. I carabinieri della Centrale Operativa che fanno turno 12-18, ad esempio, riceverebbero sempre pasti preconfezionati in piatti termosigillati, trasportati in condizioni igienico-sanitarie ritenute precarie. I pasti verrebbero consegnati in sacchetti di plastica contenenti sia piatti caldi che freddi.

Secondo la normativa igienico-sanitaria, invece, i cibi andrebbero trasportati in contenitori idonei, ermeticamente chiusi, mantenendo le giuste temperature. Inoltre, con la chiusura domenicale, il sabato verrebbero consegnati in anticipo anche i pasti del giorno successivo, ben oltre i limiti di mantenimento delle temperature.

La situazione sarebbe stata più volte segnalata dai militari ma sempre sottovalutata. Il UNARMA si chiede come sia possibile che gli organi di controllo non abbiano mai rilevato queste anomalie e perché nessuno sia ancora intervenuto per risolvere il problema. Non ci sarebbero altri esercizi più adatti, anche più vicini, in grado di garantire il servizio mensa? Oppure perché non attivare il catering direttamente in sede?

Commenti diffusi sui social network

Il comunicato di UNARMA ha sollevato molti commenti da parte dei Carabinieri sui social network, facendo trasparire che situazioni analoghe siano piuttosto diffuse in tutta Italia. Il problema di fondo sembra essere l’esiguità del budget messo a disposizione dal bando di gara per il servizio mensa, circa 5 euro a militare.

Per molti utenti che hanno commentato sarebbe molto più logico concedere direttamente dei buoni pasto ai militari, anziché affidarsi a mense gestite con cifre irrisorie che portano a sprechi di cibo. Curiosamente, mentre la qualità del vitto langue, l’Arma ha deciso di investire sulle ‘cucine’ delle stazioni, rinnovando spazi ormai in disuso per installare punti cottura, suscitando non poche perplessità.

Le regole da seguire per cucinare in caserma

Non è però chiaro se una volta pronti questi spazi saranno effettivamente utilizzati, appare infatti anacronistico immaginare un Carabiniere “cuoco” che fa la spesa magari in uniforme e con l’auto di servizio. Una scelta che ha destato non poche perplessità, anche alla luce del divieto di usare condizionatori e ventilatori nelle camerate nonostante il caldo torrido, mentre si investe sulle cucine.

L’idea di rispolverare improbabili “cucine” nelle caserme, sembrerebbe affidata più che altro alla buona volontà dei militari senza considerare le numerose difficoltà (e responsabilità) che si celano dietro tale decisione. Il protocollo per cucinare in una caserma dei Carabinieri non è lo stesso che si applica preparando pasti per sé stessi a casa. Il Carabiniere, dovrebbe, infatti, seguire rigorosamente il protocollo HACCP per la sicurezza alimentare: selezionare alimenti controllati, conservarli correttamente, prepararli in modo igienico e tracciare ogni fase. Ciò per prevenire rischi per la salute dei colleghi e assicurare la conformità normativa.

Non solo. In una caserma il militare addetto alla cucina dovrebbe tenere conto di eventuali allergie o intolleranze, evitare contaminazioni e informare su ogni ingrediente usato. L’inosservanza di tali procedure potrebbe comportare sanzioni amministrative o addirittura penali. Non è chiaro però su chi ricadrebbero tali responsabilità (oltre che sul “cuciniere”) e se i Carabinieri siano adeguatamente formati per gestire una cucina caserma nel rispetto di tutte le normative igienico-sanitarie.

L’idea, quindi, di rispolverare “cucine” in disuso nelle caserme appare velleitaria: difficilmente un Carabiniere potrà improvvisarsi cuoco rispettando rigorosamente le norme sulla sicurezza alimentare. Senza una formazione specifica, il rischio di contaminazioni o addirittura intossicazioni alimentari è elevato.

In conclusione, la questione sollevata dal sindacato UNARMA evidenzia problemi diffusi sul servizio mensa dell’Arma dei Carabinieri, tra budget ridotti, appalti non idonei e scelte logistiche discutibili. La richiesta è quella di ripensare completamente questo aspetto, puntando su soluzioni più moderne e funzionali per garantire il benessere dei militari.

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