Carabinieri

CARABINIERE ACCUSATO DI AVER UTILIZZATO LA BANCA DATI PER ‘SPIARE’ NEMICI, SUPERIORI E MAGISTRATO

L’accusa è quella di aver fatto accesso nel 2009 alla banca dati informativa per le indagini (lo Sdi), senza che ci fossero motivi validi, anzi, forse per controllare i nomi di un suo accusatore, di alcuni suoi colleghi, del comandante della Compagnia e del magistrato del tribunale militare che aveva in mano un fascicolo che lo riguardava.

Per questo l’ex comandante della stazione di Renazzo, Sandro Vergnani, è a processo a Ferrara, davanti al giudice Andrea Migliorelli. Dall’altre parte, tra gli ‘accusatori’, nella veste di parte civile, c’è anche il maggiore Mattia Virgillo, al comando della Compagnia dei carabinieri di Cento dal 2008 al 2016 (oggi a Novara), che presentò un’informativa al comando provinciale.

Proprio Virgillo, sentito come testimone nell’udienza di venerdì 12 ottobre, ha raccontato il percorso che lo portò a segnalare quegli accessi. L’input lo diede lo stesso Vergnani, incontrato nella caserma di Renazzo nonostante fosse stato momentaneamente spostato per questioni di “serenità” dell’ambiente, essendo in corso delle forti divergenze tra lui e altri militari lì in servizio. Nel marzo del 2010, secondo quanto raccontato da Virgillo, l’imputato lo “interrogò in modo piccato, chiedendomi perché il nome era in banca dati, destinatario di informativa”. Fu a quel punto che il comandante si sorprese: come faceva a saperlo? Vergnani ammise di essersi “autoconsultato”, cosa che secondo l’accusa – e secondo Virgillo – non avrebbe potuto fare.

Il comandante decise allora di fare un controllo e di richiedere tutti gli accessi del maresciallo alla banca dati negli ultimi sei mesi. “Dalla visione di tutti i nominativi – ha raccontato al giudice -, mi balzò il mio nome, quello del maresciallo, una serie di carabinieri in servizio a Cento, poi vidi il nome che conoscevo per le vicende penali che riguardavano il maresciallo, imputato in un procedimento in corso  in cui veniva accusato di lesioni (c’era uno scambio reciproco di querele tra il maresciallo e l’uomo in questione, ndr) e poi vidi il nome Bruni Bruno, che era il magistrato della procura militare di Verona che era titolare di un procedimento a carico di Vergnani per il reato di diffamazione militare”.  Il maresciallo aveva infatti delle questioni aperte con un altro militare in servizio a Cento che lo accusava di aver messo in atto una “campagna atta a screditarlo”, come spiegato da Virgillo.

Insomma, una serie di controlli nella banca dati informativa dei carabinieri la cui ‘legalità’ venne posta in dubbio da Virgillo – che ha affermato anche che il maresciallo gli sembrò in buona fede quando gli disse che si riteneva autorizzato a fare quelle interrogazioni al sistema -, il quale infatti informò subito il comando provinciale che prese in mano le indagini. “La banca dati è un supporto all’attività d’indagine – ha specificato il maggiore – se si potesse accedere liberamente, a prescindere, tutti noi dovremmo essere molto preoccupati. Ritenevo indebita la consultazione del mio nominativo”.

Durante la sua deposizione, il maggiore ha affermato di aver anche redatto un’ulteriore informativa nei confronti dell’imputato per un abuso edilizio compiuto nella caserma di Reanazzo: dopo un confronto su una nota non positiva nei suoi confronti, il maresciallo avrebbe risposto di aver migliorato l’edificio creando ulteriori spazi con l’abbattimento di alcuni muri. Secondo quanto riferito in udienza, furono lavori non autorizzati in alcun modo per i quali Vergnani fu destinatario di un decreto penale di condanna, revocato dopo che Virgillo fece ripristinare i luoghi.

Durante l’udienza è stato sentito anche il maggiore Giuseppe Aloisi, incaricato di indagare sugli accessi al sistema informativo effettuati da Vergnani. Il processo è stato infine rinviato al prossimo febbraio, quando verrà chiusa l’istruttoria dibattimentale. (Estense.com)

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