CAPORALE CONDANNATO PER LE OFFESE AL SUO CAPITANO
PISA. Il capitano lo aveva convocato per chiedergli conto di voci circa la sua inclinazione al bere in servizio. E lui, il caporal maggiore, aveva risposto piccato rivolgendosi al superiore riportando quello che dell’ufficiale si diceva in giro: «Ci sono voci che tu e tua moglie andate a prenderlo in c… a Migliarino». E quanto riporta Pietro Barchigiani per il Tirreno Edizione Pisa.
Dopo svariati gradi di giudizio , la Cassazione ha messo fine alla vicenda confermando la condanna a 3 mesi per insubordinazione con ingiuria a superiore aggravata nei confronti di Angelo Cecere, 35 anni, all’epoca dei fatti in servizio al sesto reggimento di manovra di Pisa. In primo grado era stato condannato a 6 mesi dal Tribunale militare, poi assolto in appello con la Cassazione che aveva disposto un nuovo giudizio di secondo grado. E proprio contro quella sentenza – 3 mesi di condanna – Cecere ha fatto ricorso in Cassazione che glielo ha bocciato.
La storia vede i due contendenti protagonisti della lite avvenuta a Pisa il 5 ottobre 2011 nella caserma Gamerra. Quella frase pronunciata dal caporal maggiore, che nessuno dei due ha mai negato, per la difesa voleva essere un esempio concreto fornito al capitano per indurlo a non credere alle voci della caserma. Per l’accusa, e la Suprema Corte è stata dello stesso avviso, era, al contrario, evidente la volontà del caporal maggiore di offendere il capitano che lo aveva convocato.
Il capitano aveva convocato Cecere per chiedere «informazioni su comportamenti ed inclinazioni personali del sottoposto in ordine all’assunzione di alcolici, tali da influire sulla regolare prestazione del servizio» si legge nella sentenza della Cassazione. Cecere era indispettito per essere stato convocato a rapporto dopo un lungo servizio e prima di poter andare a riposo. Dopo aver preteso la presenza di un militare di pari grado, alle richieste del capitano sull’eventuale uso di alcolici, il caporal maggiore aveva replicato alle voci riportate dal capitano sulla sua presunta passione per l’alcol citando come esempio altre voci che circolavano tra la truppa a proposito dell’ufficiale e della consorte.
«Ci sono voci che tu e tua moglie andate a prenderlo in c… a Migliarino» fu la frase incriminata «preceduta dall’avvertimento a non dare peso alle voci correnti in caserma ed inserita in un ragionamento argomentativo, secondo il quale non era da dicerie non verificate che poteva affermarsi la sua dedizione all’uso di alcolici perché parimenti anche sul conto dello stesso capitano circolavano voci su comportamenti disdicevoli». Tra le due voci messe a confronto, quella riferita dal caporal maggior per la Cassazione si è tradotta in una condanna.