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AFGHANISTAN, LA VERGOGNA DEI “SOLDATI” IN FUGA: 500 TALEBANI CONTROLLANO UNA CITTÀ DI 300 MILA PERSONE

(di Franco Iacch) – Possibile che soltanto 500 terroristi scarsamente equipaggiati, la maggior parte dei quali senza alcun tipo di addestramento militare, abbiano conquistato la sesta città più grande dell’Afghanistan e punto strategico per raggiungere l’Asia centrale? La risposta è sì ed è quello che avvenuto poche ore fa quando i fondamentalisti hanno conquistato l’intera provincia di Kunduz. 
La sensazione iniziale è stata confermata: le forze di sicurezza afghane non hanno combattuto e non lo stanno facendo nemmeno adesso, nonostante si registrino degli isolati scontri. I soldati, addestrati dagli USA e dalla NATO, equipaggiati con quanto di meglio potesse offrirgli la tecnologia militare americana non hanno nemmeno combattuto, scappando.
Questo la dice lunga su ciò che sta realmente avvenendo in Afghanistan (e nei territorio che gli USA hanno provato a calmierare). Tra la codardia di queste “truppe” e la furbizia strategica dei terroristi, migliaia di civili rintanati nelle loro case che attendono di conoscere il proprio destino. E che Kunduz, a 150 miglia a nord di Kabul, rappresenti un’umiliazione per il governo supportato dall’Occidente è ormai un dato di fatto.
Il motivo? Ma è davvero possibile, nonostante la coordinazione e la violenza degli attacchi ed il probabile supporto dei guerriglieri di al-Qaeda, che un esercito regolare (comprese le forze di polizia) di 352 mila uomini (questi sulla carta i dati ufficiali di Kabul) possa davvero essere respinto da “uomini a cavallo”?
Consideriamo il paragone prettamente numerico, non quello ideologico o motivazionale. La perdita della provincia di Kunduz dimostra quanto l’Afghanistan non abbia ancora attuato le più basilari procedure di comando e controllo per la gestione delle sue forze militari. Ma ancora di più dimostra l’ennesimo fallimento della politica americana del “Train and Equip”, una sorta di “open bar” dove chiunque può acquistare qualsiasi cosa.
La sensazione è che nella sfrenata voglia di “vendere” per mantenere viva l’industria militare gli USA (ma lo stanno facendo tutti: Russia, Francia…) diano poca importanza alla reale stabilità del governo “aiutato”. Quanto sta avvenendo in Iraq, con migliaia di veicoli “regalati” allo Stato islamico, dovrebbe far riflettere e non si dovrebbe consentire così facilmente l’accesso ad equipaggiamento sensibile in realtà caduche, instabili e di dubbia lealtà.
L’addestramento poi, sembra non funzionare come dovrebbe. Il rischio è che gli USA, così facendo, stiano addestrando soltanto i terroristi di domani. Questo perché al training militare vero e proprio, non collima quella convinzione di base, quella lealtà al proprio paese ed alla concezione di “Stato”, diverso magari da quello supportato dagli USA. Ecco che allora si corre il rischio di creare una nuova frontiera del terrorismo che potrebbe mirare a sfruttare la ben remunerata presenza dell’Occidente per addestrare le proprie truppe e poi rivoltarle contro di loro. E’ avvenuto in Siria ed in Iraq. Non sarebbe falso affermare che gli USA hanno addestrato centinaia di “moltiplicatori” di forze per i terroristi a costo zero.
Iraq, Siria e adesso l’Afghanistan. Episodi già visti ed a pagare saranno come sempre i civili. Ed a poco sono valsi anche i raid americani, con caccia alzati in volo per supportare le forze di terra durante l’assedio. Quelle forze di terra non hanno mai combattuto. In un comunicato di pochi minuti fa, il governo afferma di aver riconquistato la prigione di Kunduz. Peccato che questo comunicato andrebbe letto in un’altra chiave: la prigione è stata svuotata ieri dei suoi 600 guerriglieri custoditi al suo interno. Non sarebbe un errore paragonare la ripresa della prigione di Kunduz alla presa della Bastiglia. Almeno in quest’ultima vi erano sempre 82 soldati seppur invalidi. I talebani, comunque, controllano ancora vaste aree della città. Ed anche in questo caso, non si capisce come 500 uomini possano controllare una città di 300 mila persone.
Dal Pentagono (in Afghanistan gli USA hanno ancora 9.800 soldati) conoscono già la risposta: i numerosi posti di blocco della polizia sono stati abbandonati mentre nonostante gli avvertimenti ed i precedenti attacchi, Kunduz non è mai stata rinforzata. I talebani, intanto, scorrazzano per Kunduz impunemente, saccheggiando quello che possono. Alcune foto sui social li immortalano a bordo dei veicoli della Croce Rossa. E’ evidente la loro tattica: razziare ogni cosa e poi fuggire. Mantenere il controllo della città con un tale esiguo dispiegamento di forze sarebbe impossibile, ma nonostante ciò il governo si è dimostrato incapace.
A Washington, la caduta di Kunduz ha sollevato nuovi interrogativi circa l’impegno del presidente Obama di ritirare le truppe americane dall’Afghanistan nel corso dei prossimi 16 mesi. Kunduz è solo un esempio di ciò che potrebbe avvenire anche a Kabul. Ed in quel momento il disastro sarà compiuto. La conquista di Kunduz rappresenta la prima vittoria di Mullah Akhtar Mansoor, riconosciuto come nuovo leader dei talebani, la cui forza è stimata in 35 mila unità: essenzialmente una coalizione su base regionale. Mansoor ha sconfessato i colloqui con il governo afghano (anche se ha partecipato ad alcuni incontri conoscitivi), rimettendo in discussione ogni tipo di accordo preliminare raggiunto. Da sottolineare che il leader di al-Qaeda, Ayman al-Zawahiri, ha confermato la fedeltà del gruppo terroristico a Mansoor.
La prima vittoria di mullah Akhtar Mansoor
Akhtar Mohammad Mansoor dovrebbe essere nato, tra il 1960 ed il 1965, nel villaggio di Kariz, nel distretto di Maiwand, nella provincia di Kandahar a sud dell’Afghanistan. Di etnia pashtun, appartiene alla tribù Ishaqzai, della confederazione tribale Durrani. Durante l’invasione russa dell’Afghanistan, Mansoor si è unito al gruppo paramilitare fondato da Mohammad Nabi Mohammadi, leader dell’Harakat-i-Inqilab-i-Islami. Fu allora che conobbe uno dei comandanti di spicco del movimento, Mohammad Omar.
Dopo la guerra si spostò e Quetta e riprese la sua educazione religiosa. Giunto a Peshawar, concluse gli studi presso la madrasa di Darul Uloom Haqqania, la medesima di Omar, fino al 1995. Mansoor si sarebbe
unito ai talebani per combattere i signori della guerra. Nominato responsabile della sicurezza dell’aeroporto di Kandahar, dietro precise direttive di Mohammed Omar, divenne ministro dell’aviazione civile dell’Emirato Islamico dell’Afghanistan dal 1996 al 2001.

 

 Nel 2001, il presidente afghano Hamid Karzai gli concesse l’amnistia. Gli USA, che ben conoscevano il profilo di Mansoor e degli altri comandanti talebani, non hanno mi creduto alla loro conversione ed avviarono una serie di raid volti alla loro cattura o eliminazione. Fuggito in Pakistan, ha contribuito a plasmare i nuovi talebani. Nel 2006, il Pentagono ha inserito Akhtar Masoor tra le 23 figure principali del movimento. Adesso è la principale.

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