Poliziotto licenziato per consumo occasionale di droga: il TAR annulla provvedimento “E’ sufficiente sospensione”
Un agente scelto della Polizia di Stato ha impugnato il decreto del Capo della Polizia di destituzione dal servizio ai sensi dell’art. 7 nn. 1, 2 e 4 del D.P.R. n. 737/1981, poiché, dai filmati di videosorveglianza di un pubblico esercizio acquisiti a seguito di sequestro, è risultato che il poliziotto in aspettativa speciale perché sottoposto a quarantena fiduciaria, avrebbe acquistato sostanza stupefacente – verosimilmente cocaina – da uno spacciatore pluripregiudicato con il quale aveva avuto precedentemente contatti telefonici, e che, sottoposto ad accertamenti medico-legali, è risultato positivo all’uso di sostanze stupefacenti.
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La decisione del TAR Liguria
Il TAR ha accolto il ricorso. Il collegio non ignora come un consolidato orientamento giurisprudenziale ritenga ontologicamente incompatibile, per un appartenente alle Forze di polizia (ad ordinamento sia civile sia militare), il consumo di sostanza stupefacente, pur se occasionale, isolato e non inquadrato in una complessiva situazione di dipendenza.
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Sennonché, se, da un punto di vista etico e/o deontologico, può pienamente convenirsi con tali affermazioni, dal punto di vista strettamente giuridico occorre fare i conti con il principio di tipicità richiamato nell’art. 70 n. 2 della legge delega 1.4.1981 n. 121 che punisce con la sospensione dal servizio la assidua frequenza, senza necessità di servizio ed in maniera da suscitare pubblico scandalo, di persone dedite ad attività immorale o contro il buon costume ovvero di pregiudicati nonché l’uso non terapeutico di sostanze stupefacenti o psicotrope risultante da referto medico legale.
L’Amministrazione non può sanzionare comportamenti meno gravi con le sanzioni riservate alle infrazioni più gravi in quanto ci sono fattispecie specifiche per queste ultime. Non è possibile giustificare una sanzione più severa citando una violazione generica più grave della legge in questione. Inoltre, la mancanza di prove in questo caso concreto non permette di giustificare la sanzione massima prevista per la violazione contestata in quanto quest’ultima sarebbe stata rientrata in una violazione di minor gravità se la prova fosse stata presentata.
L’analisi del capello
L’analisi del capello del ricorrente sembra essere stata effettuata solo una volta in una data imprecisata, mentre le successive visite mediche si sono limitate a confermare la temporanea inidoneità al servizio senza ripetere il test del capello. Il ricorrente è stato riammesso in servizio solo dopo essere stato sottoposto nuovamente al test del capello e risultare negativo alle sostanze d’abuso. Tuttavia, neppure l’unico test del capello con esito positivo è stato versato nel giudizio disciplinare, il che rappresenta un’obiettiva carenza istruttoria e motivazionale.
In assenza del referto non è però dato sapere di quale lunghezza fosse la porzione di capello esaminata, sicché la conclusione circa la abitualità e non occasionalità del consumo non appare neppure supportata da sufficienti evidenze probatorie.
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