Ostaggi in Libia. Presidente Copasir, “Grazie all’intelligence, non al governo”. Haftar ha ottenuto quello che voleva, Conte in persona
Con una determinazione insolita, ieri Conte e Di Maio hanno deciso di volare a Bengasi per riportare a casa i 18 marittimi sequestrati da oltre 100 giorni. Una mossa fortemente criticata dalle opposizioni.
Il presidente del Copasir (il comitato Inteministeriale per la sicurezza della Repubblica), il leghista Raffaele Volpi, ha sottolineato “un mio sincero ed affettuoso ringraziamento al generale Caravelli e al personale dell’Aise per la costante dedizione e il determinante lavoro svolto. Unicamente a loro va la mia sentita gratitudine”.
Non è sfuggita, l’irritualità di un viaggio organizzato in fretta e furia, cancellando gli impegni organizzati per la giornata da Palazzo Chigi, per volare a Bengasi. Premier e Ministro degli Esteri in persona, quando la storia dei rientri in Patria degli ostaggi italiani, ha sempre visto i rappresentanti del governo pronti ad attenderli con familiari all’Aeroporto militare di Ciampino sotto la scaletta del volo di stato. Mai prima d’ora un Presidente del Consiglio si era recato personalmente per negoziare la liberazione di ostaggi con una entità politica non riconosciuta.
Il direttore del Cenass ed analista di politica estera, Paolo Quercia ha commentato: “Haftar ha chiesto un prezzo politico e l’ha ottenuto: l’umiliazione dell’Italia”. In un’intervista rilasciata a il Sussidiario, il prof.Quercia sottolinea “Questo lavoro lo devono fare i servizi con una copertura politica da Roma. E se viene chiesta una copertura politica nelle trattative, deve bastare un sottosegretario. Perché più alzi il livello istituzionale del rapporto e meno conti. Poteva bastare anche un ambasciatore dedicato a queste trattative. In casi come questo emerge l’errore di non aver nominato un inviato speciale per la Libia. Il rilascio è avvenuto in modo assolutamente atipico. Capisco la necessità di un Haftar in difficoltà di cercare riconoscimento internazionale e consenso interno umiliando l’Italia. Lo faceva anche Gheddafi, ma era Gheddafi. Che il leader di un’entità non riconosciuta tratti direttamente con il nostro primo ministro ci declassa politicamente. Spero solo che la decisione sia stata ben ponderata.”
In molti collegano il sequestro dei 18 pescatori all’emarginazione subita da Haftar durante la visita di Di Maio in Libia il 01 settembre di quest’anno. Pare che in tale occasione il Ministro degli Esteri avesse incontrato e salutato tutti, da Al Sarraj, il capo del governo riconosciuto dalla comunità internazionale, ad Aguila Saleh, presidente della Camera dei rappresentanti di Tobruk (il governo rivale di quello di Tripoli guidato da Sarraj). Ma non Haftar. Un mancato riconoscimento ufficiale non digerito dal feldmaresciallo che per avere una riabilitazione mediatica agli occhi del mondo, ha preteso per la liberazione degli ostaggi di stringere la mano questa volta non soltanto al Ministro degli Esteri italiano, ma addirittura al Premier.