Editoriale

LA CONSULTA DÀ IL VIA LIBERA A SINDACATI PER I MILITARI, MA LO STATO MAGGIORE DELLA DIFESA FRENA

(di Paolo Salvatore Orrù per Tiscali NotizieFinalmente un “Avanti March” che la maggioranza dei militari ha accolto con gioia. Anche se qualcosa da limare c’è in quel comunicato stampa datato 11 aprile 2018, con cui la Corte Costituzionale ha dichiarato “parzialmente fondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 1475, comma 2, del Codice dell’ordinamento militare, nella parte in cui vieta ai militari il diritto di costituire associazioni professionali a carattere sindacale, fermo restando il divieto di adesione ad altri sindacati e non precludendo, ad opera del legislatore, quelle restrizioni all’esercizio di tale diritto che la specialità di status e di funzioni del personale militare impone, in conformità alle disposizioni di cui all’articolo 11 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e articolo 5 della Carta Sociale Europea”.

La gioia dei soldati è tangibile, basta leggere quanto hanno scritto nei social. Anche per questo l’analisi del comunicato stampa fatto dall’ufficio dello Stato Maggiore della Difesa il 26 aprile sembra avere i requisiti di un ultimo atto prima della resa. Al riguardo – si legge nel documento – nelle more dell’entrata in vigore della sentenza, dalla quale potranno essere evinti in maniera puntuale gli argini entro cui sarà tracciato il novello alveo normativo sulla specifica materia, si partecipa che rimane in vigore la normativa preesistente e le procedure tuttora in atto”. Dopo il comunicato dell’11 aprile, di sicuro, nulla potrà restare come prima. Del resto, ci sono voluti settanta anni perché agli uomini in grigioverde fossero riconosciuti i diritti fondamentali sanciti nella Costituzione Italiana. Occorrerà comunque difendere e proteggere queste conquiste, perché chi è stato chiamato a redigere il comunicato del 26 aprile si è soffermato più sulle parole “restrizioni” e “argini” che sul vocabolo “diritti”. Un segnale.

Certo, qualche limite ci sarà ancora, la specialità di status e di funzioni del personale militare, ha infatti puntualizzato la Corte, impone il rispetto di “restrizioni”, secondo quanto prevedono l’articolo 11 della Cedu e l’articolo 5 della Carta sociale europea. Restrizioni che, in attesa del necessario intervento del legislatore, allo stato sono le stesse previste dalla normativa dettata per gli organismi di rappresentanza disciplinati dal Codice dell’ordinamento militare. Insomma, qualche limite, insito del resto nel mestiere di soldato c’è “ma, molto presto, i militari potranno avere un status molto simile, per esempio, a quello della Polizia di Stato”, ha spiegato Luca Marco Comellini, segretario del Partito dei Militari (PdM).

E’ stata una lunga battaglia. Tutto ebbe inizio nel giugno del 1975, quando i sottufficiali dell’Aeronautica ‘scioperarono’ a Roma, in divisa, per segnalare all’opinione pubblica non solo la separatezza dallo Stato, ma anche le condizioni di vita al limite della sopravvivenza e l’assoluta mancanza dei diritti costituzionali. Nonostante l’organizzazione e le precauzioni, i carabinieri riuscirono ad isolare e arrestare il sergente Sotgiu, che fu tradotto nel carcere militare di forte Boccea. Da lì l’inizio di un percorso irto di ostacoli.

L’importanza di questa decisione è stata colta con grande soddisfazione anche dall’ex deputato dei radicali Maurizio Turco, che nel 2010 aveva presentato una proposta di legge per consentire ai militari il diritto a costituirsi in sindacato così come già accade per la Polizia. La modifica normativa era volta ad estendere anche al personale delle Forze Armate, Carabinieri e Finanza i diritti e i doveri previsti per gli appartenenti alle Forze di polizia, nella parte in cui disciplina le rappresentanze e i diritti sindacali in materia di associazione a carattere sindacale. Una proposta che sarebbe potuta essere approvata, senza provocare chissà quali danni, nel giro di dieci minuti. “Finalmente giustizia è fatta – ha detto tiscali.it Turco – la Consulta ci ha dato ragione”.

E i militari come hanno interpretato questa sentenza? Fra di loro circola “una certa diffidenza su quello che potrebbe rappresentare un passaggio professionale epocale”, ha spiegato un militare all’avvocato Carta su Facebook. “Dai profili Facebook di molti militari ricavo l’impressione netta che un evento storico come la sentenza della Corte costituzionale che ha (o avrebbe) abolito il divieto di costituzione di sindacati sia stato pressoché ignorato. Va bene che i giornali e le tv hanno messo la sordina su questo evento storico, ma come pensano i militari di abbandonare o quanto meno mitigare il proprio ordinamento ottocentesco? Credono che la Polizia abbia raggiunto l’attuale livello dei diritti infischiandosene e lasciando fare agli altri?”. Detto in altri termini, la Corte ha fatto la sua parte, ma le redini del loro futuro in mano ora le devono prendere i soldati. E’ tempo di democrazia anche per loro, ma dovranno meritarsela.

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