Editoriale

RIORDINO DELLE CARRIERE: GRADI E BENEFIT PENSIONISTICI PER I CAPPELLANI MILITARI

(di Luca Marco Comellini) Sulla questione dei Cappellani militari, portata già nel 2010 all’attenzione dell’opinione pubblica e del Parlamento dai parlamentari Radicali, è intervenuto ancora una volta il Movimento 5 Stelle che lo scorso 1 agosto ha presentato una interrogazione per chiedere se il Governo intenda assumere iniziative per apportare correzioni alla disciplina di riordino delle carriere militari che prevede l’assimilazione di rango per i cappellani militari ai gradi militari, al fine di eliminare i costi dello Stato per le retribuzioni dei cappellani militari.

L’On. Tatiana Basilio nell’annunciare la presentazione di una interrogazione diretta al Presidente del Consiglio dei ministri, Paolo Gentiloni, e alla Ministra della difesa, Roberta Pinotti, ha scritto sulla sua pagina Facebook: “Sono anni che stiamo cercando risposte da parte del Governo ed in merito al famigerato lavoro in corso, in sinergia tra il primo e la Santa Sede. Siamo sicuri che dati i tempi che corrono, dati gli sforzi affrontati ogni giorno da parte dei cittadini italiani per arrivare a fine mese, che la Santa Sede abbia tutte le intenzioni di sciogliere quel vincolo che investe dei gradi militari, con tutti i benefit che ne conseguono, i cappellani “militari”. Vorremmo solo conoscere, e ne abbiamo il diritto come lo hanno i cittadini italiani, in questa commissione bilaterale cosa si sia detto e deciso, o se non hanno deciso nulla, poiché potrebbe anche essere. Non credo che su tale argomento il Ministero della Difesa possa porre il vincolo dei dati classificati, ma dopo la pantomima della lettera di Al-Serraj che non abbiamo mai visto come commissioni esteri e difesa, credo che possano essere capaci di tutto.Con il riordino delle carriere aumentano i benefit ai gradi apicali e di conseguenza anche ai cappellani militari, compreso un lauto aumento della pensione al momento che sarà. Siamo concordi a dare il supporto spirituale agli uomini e alle donne che fanno parte delle FFFAA, quando si partecipa ad una missione internazionale un supporto a chi è credente può essere sempre d’ aiuto, ma riteniamo che sia anacronistico che uomini di chiesa vestano i gradi militari quando portano la parola del Signore.”.

La questione “Cappellani militari” iniziò nel lontano 1985 quando con la ratifica dell’atto aggiuntivo del Concordato tra Stato e Chiesta l’“intesa” espressamente prevista per disciplinare lo svolgimento dell’assistenza spirituale ai membri delle forze armate entrò a far parte delle leggi dello Stato italiano. Di fatto quell’”Intesa”, non fu mai raggiunta.

Nel 2010 per la prima volta i parlamentari Radicali portarono all’attenzione del Parlamento  la questione “Cappellani  militari” ritenendo fondamentale la mancanza di un atto formale, l’”Intesa”, che ne disciplinasse lo stato giuridico ed economico. Ogni iniziativa per  riaffermare la legalità e la laicità dello Stato fu, erroneamente,  sempre dichiarata inammissibile in quanto gli uffici di presidenza dei due rami del Parlamento puntualmente opponevano l’impossibilità di modificare l’ “intesa”, invero mancante, ma ritenuta norma di rango costituzionale.

Nel marzo del 2015 il portavoce della Sala Stampa Vaticana annunciò la costituzione di una Commissione bilaterale per definire “di li a poco” – si leggeva nel comunicato stampa – l’annosa questione ma, ad oggi, non si è registrato alcun risultato concreto.

Dopo i Radicali la battaglia per la smilitarizzazione dei Cappellani militari è stata ripresa dal Movimento 5 Stelle ma nonostante le molte iniziative parlamentari e gli impegni assunti pubblicamente dagli esponenti delle parti in causa – il Sottosegretario di Stato alla Difesa Domenico Rossi e l’Ordinario Militare Mons. Santo Marcianò – la situazione non è mai cambiata: i cappellani militari continuano a indossare i gradi da ufficiale delle forze armate e a percepire il relativo trattamento economico e ogni altro beneficio, compresi quelli previsti dal recente provvedimento sul riordino delle carriere dei militari. Un sostanziale nulla di fatto che continua pesare sulle casse dello Stato – tasche contribuenti – per oltre 10 milioni di euro all’anno.

A parte i giustificati timori espressi dalla parlamentare pentastellata sul social Facebook riguardo al modo di agire del Governo Gentiloni, al cittadino contribuente ora non resta che attendere o la risposta del Presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, oppure in un più appropriato atto di moral suasion da parte della Santa Sede o direttamente da Papa Bergoglio. 
Il testo dell’interrogazione parlamentare a risposta scritta presentato il 1 agosto 2017:

BASILIO, CORDA, FRUSONE, RIZZO e TOFALO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa . — Per sapere – premesso che:
il 23 giugno 2017, sul sito www.partitodirittimilitari.it è stato pubblicato un comunicato col seguente titolo: «Sia lodata la Pinotti, sempre sia lodata ! Anche i preti soldato brindano al riordino delle carriere»;
il 15 marzo 2015 il portavoce della sala stampa vaticana aveva annunciato l’interesse a definire la questione dei cappellani militari attraverso una commissione bilaterale ma, ad oggi, non risulta nessun provvedimento concreto, rilevandosi altresì un notevole silenzio sull’argomento;
da molteplici fonti di stampa gli interroganti hanno potuto apprendere che la questione dei cappellani militari è stata più volte portata all’attenzione del Parlamento e del Governofino a quando, nel 2012, il Governo pro tempore, con il decreto legislativo 24 febbraio 2012, n. 20, ha previsto, con l’articolo 1 comma 1, lettera b), la modifica dell’articolo 17, comma 1 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66;
la questione è stata oggetto di molteplici servizi radiofonici e televisivi tra i quali quelli realizzati dal programma «Le Iene» il 19 novembre 2013 e il 19 novembre 2014, nei quali sia l’ordinario militare, che il sottosegretario di Stato Domenico Rossi, hanno manifestato la piena disponibilità alla soluzione della questione anche in conseguenza dell’evidente indignazione dell’opinione pubblica;
appare comunque opportuno agli interroganti che si provveda alla modifica dell’articolo 17 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 in modo tale che l’amministrazione militare assicuri i mezzi non economici e le strutture logistiche per lo svolgimento del servizio di assistenza spirituale dei cappellani militari;
appare altresì opportuno prevedere con apposita norma con cui si disponga che dall’attuazione degli articoli 12 e 13 dell’intesa fra il Ministro dell’interno e il Presidente della Conferenza episcopale italiana, firmata il 9 settembre 1999, allegata al decreto del Presidente della Repubblica del 27 ottobre 1999, n. 421, concernente l’esecuzione dell’intesa sull’assistenza spirituale al personale della polizia di Stato di religione cattolica, non possano derivare oneri a carico del bilancio dello Stato, ovvero del Ministero dell’interno. Tali norme potrebbero trovare adeguata collocazione nella manovra di bilancio per il 2018 che il Governo si sta apprestando a redigere –:
quali siano state le iniziative poste in essere dal Governo per dare seguito all’intesa di cui al citato articolo 11 dell’Accordo, con protocollo addizionale, tra la Repubblica Italiana e la Santa Sede, ratificato e reso esecutivo con la legge 25 marzo 1985, n. 121;
se il Governo intenda assumere iniziative per apportare correzioni alla disciplina di riordino delle carriere militari che prevede l’assimilazione di rango per i cappellani militari ai gradi militari, al fine di eliminare i costi dello Stato per le retribuzioni dei cappellani militari. (Agenparl)

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