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Video di un arrestato in chat whatsapp dei poliziotti finisce sui giornali. Garante sanziona la Polizia “Risponde del fatto illecito del proprio dipendente”

Il Garante per la protezione dei dati personali ha disposto nei confronti di alcuni siti il blocco cautelativo di un video che mostra le reazioni autolesionistiche di un uomo in evidente stato di alterazione psicofisica all’interno dei locali di un Commissariato di polizia nel quale sarebbe stato condotto, a quanto riportato dalle notizie diffuse a corredo del video, per presunto spaccio di stupefacenti.

I FATTI

Nelle prime ore del 20 marzo 2019 è avvenuto, all’interno di un Commissariato di Polizia, un episodio di violenta reazione autolesionistica da parte di un uomo in evidente stato di alterazione psico-fisica, le cui immagini ed il cui video sono stati diffusi nei giorni seguenti all’accaduto su alcuni siti internet. Dal video suddetto si vede chiaramente il volto dell’uomo, mentre si procura lesioni al capo, e si sente scanditamente che, tra i lamenti disperati, dichiara di essere malato oncologico e di avere l’AIDS.

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ATTIVITA’ ISTRUTTORIA – IL RISCONTRO DEL MINISTERO DELL’INTERNO

Dal riscontro fornito dal Ministero, è risultato che l’interessato, trovandosi presso un ufficio del Commissariato (a seguito del suo arresto), verso le ore 03.15, mentre era sotto la custodia del personale di altro Commissariato, al culmine di una reazione emotiva, “iniziava a compiere atti di autolesionismo, dando violenti colpi di testa a una parete di cartongesso, che delimita quella stanza da un ambiente più grande, tanto da provocarne l’irreversibile deterioramento”

La registrazione in questione sarebbe stata effettuata al fine di fornire documentazione audiovisiva delle operazioni compiute al momento della reazione autolesionistica dell’arrestato dagli agenti di polizia, che decidevano di ricorrere all’utilizzo dello spray al peperoncino, in dotazione al personale, per salvaguardare l’incolumità delle persone presenti ed evitare ulteriori danneggiamenti all’immobile e che delle suddette operazioni “si dava atto in una integrazione al verbale di arresto”.

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Il Ministero ha rappresentato che: “Gli approfondimenti finora eseguiti hanno comunque permesso di accertare che il video è stato realizzato su invito del capo equipaggio della pattuglia intervenuta – intento a gestire l’arrestato – da parte del secondo operatore. Quest’ultimo, ammettendo la sua superficialità, inviava il predetto filmato ad altro collega – in fase di individuazione – con l’intento di condividere le modalità operative adottate nel complesso intervento.”

Il Ministero ha evidenziato che: “L’operato dei poliziottiche fin qui descritto può ritenersi direttamente discendente dalle mansioni correlate allo svolgimento del servizio – se ne è discostato invece per gli ulteriori sviluppi della vicenda, di seguito evidenziati. In primis, preme sottolineare che l’attività di registrazione del video è stata svolta di iniziativa da parte dei predetti operatori, utilizzando un dispositivo privato, senza tempestiva informazione e autorizzazione di un superiore gerarchico. Della predetta attività di registrazione è stata fatta menzione in un’integrazione del verbale di arresto, ma gli autori non hanno mai consegnato il filmato al personale del Commissariato competente per la redazione degli atti, il quale, per integrare l’informativa all’ Autorità Giudiziaria, ha dovuto “scaricarlo” da internet. Oltre a ciò, l’agente che ha effettuato il video – che ha ammesso la sua superficialità – lo ha inviato ad altro collega, così originando la sequenza di atti divulgativi – sulla quale sono ancora in corso approfondimenti volti ad individuare tutti i soggetti coinvolti – che ha condotto fino alla pubblicazione dello stesso in rete. Pertanto, il trattamento dei dati personali per cui l’Autorità ha avviato il procedimento sanzionatorio in quanto non conforme alla disciplina in materia di protezione dei dati personali – e consistente nella divulgazione di video e immagini – è ascrivibile – secondo il Ministero dell’Interno – unicamente all’operato dei singoli soggetti che hanno materialmente contribuito alla diffusione di tali contenuti. Si tratta di comportamenti, non solo non ascrivibili direttamente all’Amministrazione, ma non evitabili, in quanto frutto dell’iniziativa sì di appartenenti alla Polizia di Stato, ma che nel far ciò hanno travalicato i compiti istituzionali – nel caso di specie di prevenzione e perseguimento dei reati – violando anche specifiche disposizioni regolamentari.

ESITO DELL’ATTIVITÀ ISTRUTTORIA

Al riguardo, si prende atto innanzitutto della straordinarietà dell’accaduto e delle particolari caratteristiche del luogo in cui lo stesso si è verificato (“locale dell’ufficio, privo di sistema di videosorveglianza”), che hanno giustificato l’urgente acquisizione e registrazione audiovisiva di quanto stava accadendo mediante dispositivo privato di un agente di polizia (“per salvaguardare l’incolumità delle persone presenti ed evitare ulteriori danneggiamenti all’immobile”).

Tuttavia – sottolinea il Garante – dall’istruttoria svolta emerge che né il Commissariato in cui i gravi fatti in parola si sono svolti in piena evidenza, né il Commissariato i cui agenti sono intervenuti risultano aver adottato alcuna misura idonea a garantire la dovuta sicurezza e riservatezza dei dati in parola né tantomeno a prevenirne la fuoriuscita e la diffusione via internet.

Al riguardo è appena il caso di osservare che si tratta di una diffusione assolutamente illegittima, come riconosce pacificamente lo stesso Ministero, resa possibile dalla suddetta mancanza di ogni misura idonea a proteggere i dati in questione impedendone improprie circolazioni.

A prescindere dalla finalità della condivisione e dell’individuazione delle responsabilità disciplinari e/o penali per la divulgazione in internet delle immagini suddette, l’imputabilità del trattamento in questione ai fini dell’adozione di misure correttive, sanzionatorie e/o risarcitorie è da ricondurre comunque al Ministero. Infatti, il soggetto pubblico risponde del fatto illecito del proprio dipendente “ogni qual volta questo non si sarebbe verificato senza l’esercizio delle funzioni o delle attribuzioni o dei poteri pubblicistici: e ciò a prescindere dal fine soggettivo dell’agente (non potendo dipendere il regime di oggettiva responsabilità dalle connotazioni dell’atteggiamento psicologico dell’autore del fatto), ma in relazione all’oggettiva destinazione della condotta a fini diversi da quelli istituzionali o – a maggior ragione – contrari a quelli per i quali le funzioni o le attribuzioni o i poteri erano stati conferiti”. Nella fattispecie, i fatti si sono svolti all’interno di uffici di polizia da parte di agenti nei confronti di persona temporaneamente ristretta e quindi è assolutamente presente il nesso di occasionalità necessaria in base al quale la condotta è riferibile all’Amministrazione.

Deve rilevarsi – precisa il Garante – che nella vicenda in esame la fuoriuscita del video in questione è avvenuta da parte di un agente di polizia, che nell’esercizio delle sue funzioni aveva acquisito e registrato le immagini e, quindi, la titolarità del trattamento è da ricondurre, anche sotto il profilo della rigorosa applicazione della disciplina in materia, al Ministero.

Il Garante ha quindi ingiunto al Ministero dell’Interno la sanzione di 60.000 euro per l’illiceità dei trattamenti dei dati dell’interessato, valutare l’opportunità altresi di promuovere adeguate ed ulteriori iniziative formative nei confronti del personale, anche periferico, della Polizia di Stato, per assicurare il rispetto dei diritti degli interessati e di individuare ulteriori misure tecnico-organizzative finalizzate a garantire che i trattamenti di dati personali effettuati nei diversi settori di attività istituzionale dalle articolazioni centrali e territoriali siano svolti nel pieno rispetto dei principi e delle disposizioni previste dalla normativa vigente in materia di trattamento dei dati personali. 

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