Geopolitica

UN ESERCITO COMUNE EUROPEO. E’ DAVVERO NECESSARIO?

Di Col. (ris.) della Guardia di Finanza
Dott. Sergio De Santis

UNA PACE CHE DURA DA 80 ANNI

Per quasi 80 anni, noi europei abbiamo vissuto un periodo di pace come mai prima era accaduto. Certo ci sono state guerre regionali, e guerre in scenari vicini, ma nulla di paragonabile ai due conflitti mondiali che hanno insanguinato l’Europa e il mondo intero. Questa pace si è ottenuta da un lato grazie all’integrazione europea, con la nascita e l’evoluzione di quella che noi oggi conosciamo come Unione Europea, che ha scongiurato guerre fratricide tra i cittadini dei suoi stati membri, dall’altro, siamo stati cautelati da aggressioni esterne dalla NATO – North Atlantic Treaty Organization – che nasce con la firma del Trattato del Nord Atlantico, a Washington DC il 4 aprile 1949.

LA NATO E LA DOTTRINA TRUMP

La NATO, che oggi conta l’adesione di ben 32 paesi ed in cui la presenza statunitense è fondamentale, nasce principalmente per contrapporsi militarmente al blocco comunista del Patto di Varsavia, che avevano l’Unione Sovietica quale nazione guida. Con la fine della guerra fredda e il dissolvimento dell’impero sovietico, è sembrato che anche la NATO potesse diventare un’organizzazione superata, ed invece gli avvenimenti dell’11 settembre 2001 prima, e l’aggravarsi delle crisi regionali dopo, non ultimo il conflitto Russo-Ucraino, hanno dimostrato l’esigenza attuale di un dispositivo di difesa congiunto. La dottrina Trump, che riprende teorie precedenti in ordine ad un dichiarato protezionismo ed isolazionismo americano, ha però creato un certo scompiglio in Europa, facendo intendere che gli U.S.A. non assicurerebbero più automaticamente ai paesi europei la propria protezione, anche nucleare, secondo il famoso principio di difesa collettiva, presente nell’articolo 5 del Trattato di Washington.

QUALI GLI OBIETTIVI DI PUTIN DOPO L’UCRAINA?

La paura inconfessata di molti, unita allo spauracchio di un disimpegno americano, è data dalla convinzione che la Russia, accantonata la “pratica” Ucraina, possa dedicarsi presto a nuove ipotesi di scontro, ed in questo senso sono in allarme Moldova – che comunque non è membro NATO – Paesi Baltici, Finlandia e Polonia, tutti appartenenti al Patto Atlantico.

UN ESERCITO COMUNE?

La NATO, come sappiamo, ha pochissime forze permanenti proprie, ma i Paesi membri contribuiscono con i propri militari su base volontaria. Venendo a mancare la sicurezza statunitense, o semplicemente adombrando tale ipotesi, alcuni paesi, su tutti la Francia, hanno rispolverato l’idea di un esercito comune europeo. La stessa Unione Europea non dispone di un esercito comunitario, ma solamente di una Politica di Sicurezza e Difesa Comune (PSDC) che coordina forze multinazionali messe a disposizione volontariamente dagli Stati membri. Per questo motivo sta prendendo sempre più forza l’idea che in futuro l’Unione, dopo aver approvato il piano di riarmo “Rearm Europe” debba dotarsi di un suo esercito, o forse sarebbe più corretto dire di Forze Armate comuni, sotto l’ombrello nucleare stavolta non più degli U.S.A. ma della “force de frappe” francese, ovvero dell’arsenale atomico transalpino.

QUALI OSTACOLI?

Diciamo subito che la maggior parte degli analisti è scettica su questa soluzione, e ne ha elencato le motivazioni:

Politiche: molti Paesi sono restii a cedere completa sovranità in un settore così delicato, e non è chiaro come verrebbero prese le decisioni politiche di intervento militare, tenuto conto della mancanza di credibilità della politica estera della Commissione Europea. Ricordiamo che le attuali regole decisionali sono concepite in modo da garantire a ognuno dei 27 paesi della UE il diritto di veto su ciascuna decisione fondamentale, a cominciare appunto della difesa.

Strategiche: ammesso che si arrivi a una decisione politica comune, il raggiungimento degli obiettivi militari, di norma in capo agli Stati Maggiori dei (tutti e27?) Paesi aderenti, offrirebbe le stesse perplessità gestionali.

Tattico/Operative/Logistiche: la mancanza di una chiara catena di comando unificata, di un valido criterio di alternanza al comando (chi comanderebbe e per quanto tempo?), di quali sistemi d’arma impiegare, e a quali aziende appoggiarsi, sono tutti limiti che si pagherebbero caro sul campo di battaglia. Senza dimenticare che si dovrebbero trovare nuovi accordi con Paesi dotati di eserciti importanti, membri NATO ma non appartenenti all’Unione, come Regno Unito e Turchia.

PRESERVIAMO LA NATO

A questo punto ritengo che la soluzione migliore sia quella di preservare e rafforzare l’esistente. Come? Aumentando sicuramente il budget per le Forze Armate, come chiesto da Trump, ma in maniera coordinata senza spendere solo per spendere; riducendo al minimo le differenze dei sistemi d’arma usati dagli eserciti nazionali; implementando il coordinamento tra le Forze Armate dei 32 Paesi con continue esercitazioni; creando uno Stato Maggiore più snello, sotto la guida dei Paesi militarmente e tecnologicamente con più peso specifico, e soprattutto facendo affidamento sugli americani, che mai e poi mai lasceranno la NATO e l’Europa in balìa di aggressioni esterne, con buona pace dei detrattori dell’attuale Commander in Chief.

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