TROPPO CIBO ALLA MENSA DEGLI ALPINI. MARESCIALLO SOTTO PROCESSO:”HO ALTERATO I DOCUMENTI PER FORNIRE UN VITTO MIGLIORE”
La
procura militare di Verona, che aveva ipotizzato il peculato aggravato e
continuato, alla fine ha dovuto fare marcia indietro e chiedere essa stessa
l’archiviazione: nel corso della
perquisizione nell’abitazione del sottufficiale, non è saltato fuori nemmeno un
pacco di pasta, e nemmeno movimenti strani o sospetti sul suo conto corrente.
procura militare di Verona, che aveva ipotizzato il peculato aggravato e
continuato, alla fine ha dovuto fare marcia indietro e chiedere essa stessa
l’archiviazione: nel corso della
perquisizione nell’abitazione del sottufficiale, non è saltato fuori nemmeno un
pacco di pasta, e nemmeno movimenti strani o sospetti sul suo conto corrente.
La
verità, così come peraltro l’ha raccontata lui di fronte al pm della Corte dei
Conti Chiara Imposimato, è ben più banale e fa quasi sorridere, se non fosse
per quella voragine da 250 mila euro di
cui ora la procura contabile chiede la restituzione: «Ricevevo spesso
richieste di migliorare il vitto sia per la truppa sia per i vertici della
struttura militare e di organizzare eventi ulteriori che vedevano coinvolte
autorità locali e militari – ha fatto mettere a verbale il maresciallo Antonio
Pellecchia, che in tutto quel periodo di tempo ha ricoperto l’incarico di
gestore della mensa – Ho effettuato acquisti superiori rispetto alla limitata
disponibilità del budget, posto che ricevevo pressioni in tal senso da più
parti, ho a tal fine alterato i documenti contabili per poter fornire un vitto
migliore».
verità, così come peraltro l’ha raccontata lui di fronte al pm della Corte dei
Conti Chiara Imposimato, è ben più banale e fa quasi sorridere, se non fosse
per quella voragine da 250 mila euro di
cui ora la procura contabile chiede la restituzione: «Ricevevo spesso
richieste di migliorare il vitto sia per la truppa sia per i vertici della
struttura militare e di organizzare eventi ulteriori che vedevano coinvolte
autorità locali e militari – ha fatto mettere a verbale il maresciallo Antonio
Pellecchia, che in tutto quel periodo di tempo ha ricoperto l’incarico di
gestore della mensa – Ho effettuato acquisti superiori rispetto alla limitata
disponibilità del budget, posto che ricevevo pressioni in tal senso da più
parti, ho a tal fine alterato i documenti contabili per poter fornire un vitto
migliore».
«Si è
trattato di una
gestione dissennata e dispendiosa del denaro pubblico finalizzata a procurare
ai militari fruitori della mensa un vitto migliore»,
aveva scritto il pm militare nella richiesta di archiviazione di cui si è detto
sopra. Non saranno state ostriche e champagne, ma dagli atti del processo che
si terrà questa mattina di fronte ai giudici della Corte dei Conti pare di
capire che in quei sedici mesi tra il settembre del 2010 e il dicembre del 2011,
al 7° Reggimento Alpini di Belluno si mangiasse decisamente bene, o quanto meno
con dosi abbondanti.
trattato di una
gestione dissennata e dispendiosa del denaro pubblico finalizzata a procurare
ai militari fruitori della mensa un vitto migliore»,
aveva scritto il pm militare nella richiesta di archiviazione di cui si è detto
sopra. Non saranno state ostriche e champagne, ma dagli atti del processo che
si terrà questa mattina di fronte ai giudici della Corte dei Conti pare di
capire che in quei sedici mesi tra il settembre del 2010 e il dicembre del 2011,
al 7° Reggimento Alpini di Belluno si mangiasse decisamente bene, o quanto meno
con dosi abbondanti.
Secondo
i parametri stabiliti dal ministero della Difesa in un decreto che annualmente
definisce il tetto massimo di spesa pro capite a seconda anche della posizione
addestrativa/operativa dei militari, in quel periodo il Reggimento avrebbe
dovuto spendere 389 mila 762 euro e invece la spesa è lievitata a una cifra di
due terzi più elevata: 639 mila 450 euro.
i parametri stabiliti dal ministero della Difesa in un decreto che annualmente
definisce il tetto massimo di spesa pro capite a seconda anche della posizione
addestrativa/operativa dei militari, in quel periodo il Reggimento avrebbe
dovuto spendere 389 mila 762 euro e invece la spesa è lievitata a una cifra di
due terzi più elevata: 639 mila 450 euro.
Ad
accorgersene era stato proprio il comando della Brigata Alpina Julia, di cui il
7° Reggimento è il reparto veneto, che aveva aperto un’inchiesta amministrativa
sulle irregolarità della gestione del vettovagliamento del gruppo bellunese. E
dalle indagini è emerso proprio un acquisto spropositato di cibo, il cui
approvvigionamento spetta ai militari, che poi lo affidano a ditte esterne per
la cottura e la distribuzione a tavola. Prendiamo qualche esempio: nel
settembre 2010 il Reggimento avrebbe dovuto consumare 32 mila euro di cibo e
invece Pellecchia aveva acquistato beni per 37 mila euro. Addirittura nel
novembre 2011 erano stati spesi 37 mila euro invece dei 22 mila regolari.
Questo poi ha portato che lo stesso Pellecchia «ritoccasse» i documenti del magazzino, per evitare che ci si
accorgesse delle incongruenze, arrivando perfino a sbianchettare i dati. E’
per questo che oggi il pm Imposimato chiederà ai giudici di condannare il
maresciallo al risarcimento integrale dei 250 mila euro, affermando che si è
trattato di un danno erariale doloso, ma ha lasciato aperto un «piano B»: coinvolgere i due ufficiali addetti al
vettovagliamento, Monaco e Cacciapuoti, che avrebbero dovuto accorgersi di
quanto stava accadendo.
accorgersene era stato proprio il comando della Brigata Alpina Julia, di cui il
7° Reggimento è il reparto veneto, che aveva aperto un’inchiesta amministrativa
sulle irregolarità della gestione del vettovagliamento del gruppo bellunese. E
dalle indagini è emerso proprio un acquisto spropositato di cibo, il cui
approvvigionamento spetta ai militari, che poi lo affidano a ditte esterne per
la cottura e la distribuzione a tavola. Prendiamo qualche esempio: nel
settembre 2010 il Reggimento avrebbe dovuto consumare 32 mila euro di cibo e
invece Pellecchia aveva acquistato beni per 37 mila euro. Addirittura nel
novembre 2011 erano stati spesi 37 mila euro invece dei 22 mila regolari.
Questo poi ha portato che lo stesso Pellecchia «ritoccasse» i documenti del magazzino, per evitare che ci si
accorgesse delle incongruenze, arrivando perfino a sbianchettare i dati. E’
per questo che oggi il pm Imposimato chiederà ai giudici di condannare il
maresciallo al risarcimento integrale dei 250 mila euro, affermando che si è
trattato di un danno erariale doloso, ma ha lasciato aperto un «piano B»: coinvolgere i due ufficiali addetti al
vettovagliamento, Monaco e Cacciapuoti, che avrebbero dovuto accorgersi di
quanto stava accadendo.