Trasferimenti nella Guardia Costiera, la mossa gattopardesca del Comando e il non cambiamento
Dopo una lunga attesa, si è tradotto in realtà il rimaneggiamento delle regole dell’interpello (procedure annuali di mobilità) alla base della mobilità del personale del Corpo delle Capitanerie di Porto – Guardia Costiera. Una serie di piccole e inutili modifiche che – per dirla come Tancredi nel Gattopardo – «Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi».
Piccoli spostamenti senza alcun coraggio o determinazione nell’affrontare e risolvere il problema che attanaglia il personale sottufficiale, graduato e truppa del Corpo condannato ad una perenne condizione di instabilità che condiziona la vita di tutti, anche di chi ha raggiunto l’ideale equilibrio tra vita lavorativa e famiglia, pur essendo lontano centinaia di chilometri dalla sua città di nascita.
In altre parole era possibile eliminare il vincolo dei “periodi di lunga permanenza” previsti per quelle sedi dove si ha contezza di non avere domande di preferenza da parte del personale. Nessuno sforzo, nessuno spiraglio, nessuna rimodulazione degna d’esser citata. Piccoli contentini che non cambiano il quadro d’insieme, come l’abbassamento dell’età a 52 anni per i trasferimenti fuori regione. Eppure sarebbe bastato prendere spunto dalla struttura del sistema di gestione dei trasferimenti dell’Arma dei Carabinieri. Forse però in troppi al Comando Generale della Guardia Costiera hanno girato la testa dall’altra parte, chiudendo gli occhi dinanzi alla realtà e lasciando ad un improvvido destivo molti colleghi.
Cav. Angelini Donato
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