Editoriale

Trasferimenti Forze Armate: la Domanda che non c’è

Nella causa del movimento necessitato del personale è decisivo l’interesse pubblico prioritario dell’amministrazione.  Le esigenze personali o familiari del militare sono solamente in secondo piano, pur trovando eventualmente occasionale e indiretta soddisfazione.

La Sentenza Consiglio di Stato N.09542/2023 – ribadisce l’ovvio, ovvero cosa si intende per trasferimento a domanda, cosa invece si intende per trasferimento d’autorità e quali interessi debbano prevalere nell’uno e nell’altro caso.

[…] Il Tribunale, respinta l’eccezione di tardività del ricorso sollevata dall’Amministrazione, trattandosi di un’azione di accertamento di un diritto soggettivo sottoposto all’ordinario termine di prescrizione quinquennale, nelle specie rispettato, ha ritenuto che i trasferimenti de quo fossero tutti da qualificare come trasferimenti d’ufficio in quanto determinati esclusivamente dalla riorganizzazione del predetto 32° Gruppo Radar dell’Aeronautica Militare presso cui i ricorrenti prestavano servizio […] fermo che con i trasferimenti de quo è stato assicurato in via prioritaria l’interesse alla corretta e funzionale ricollocazione del personale già in servizio presso il 32° Gruppo Radar, non può sottacersi che il comportamento concretamente tenuto dall’Amministrazione di incoraggiare e sollecitare anche una ricollocazione a loro quanto più favorevole possibile non può che correttamente inquadrarsi nei normali obblighi di esecuzione del contratto e del rapporto di lavoro secondo buona fede e non può valere a mutare la natura giuridica del predetto trasferimento come d’ufficio[…] 

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L’atteggiamento degli Organi di vertice è quello che stride di più con l’articolo 725 del TUOM, quello dei “Doveri propri dei superiori”, e in particolare la lettera i) dove si legge che i superiori devono «porre tutte le proprie energie al fine di mettere l’inferiore nella condizione migliore per eseguire l’ordine avuto». Viene da chiedersi se effettivamente non ci sia un peccato originale nelle programmazioni, con alti ufficiali che si paragonano ai ruoli inferiori basandosi sul postulato “se giriamo noi, girano tutti”. Questo ragionamento stride con i profili di carriera, i trattamenti economici e la disponibilità di alloggi di servizio dei diversi gradi militari.

Ancora una volta dispiace leggere che il personale di tutte le Forze Armate, i Corpi e le Forze di Polizia ad ordinamento militare abbracciano questo tipo di lotta per contrastare un atteggiamento che danneggia tutti i colleghi, tranne -all’apparenza – quello della Guardia Costiera, inspiegabilmente silente sulla questione.

L’interpello, cui soggiace il personale della Guardia Costiera, alla luce di questa ennesima sentenza del CdS, dimostra la sua natura di leva tesa al risparmio del trattamento previsto dall’art. 1 della legge 86/2001. Un modus operandi divisivo e ingiusto, a causa del quale chi ha potuto trarne beneficio è finito per abbandonare tutti gli altri. Un sistema che sottrae, oltre al diritto di ricevere i benefici della legge 86/2001 proprio il diritto a sottoporre la propria domanda di natura personale, senza nemmeno un battito di ciglia da parte dei diretti interessati.

L’interpello continuerà ad essere una piaga per il personale del Corpo?

La risposta a questa domanda e la parte conclusiva di questo articolo toccherà a voi scriverla.

“Sii il fautore del tuo destino”

Cav Donato Angelini

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