Tra le forze dell’ordine cresce la paura di utilizzare l’arma
Martedì scorso, a Vicenza, un vice brigadiere dei carabinieri ha sparato e ucciso il marocchino Soufine Boubagura, colpevole di aver rubato una pistola e di aver gravemente ferito un vigile urbano. Come conseguenza di questo fatto, il carabiniere è stato indagato per omicidio commesso per eccesso colposo nell’uso legittimo delle armi.
Il ministro Matteo Salvini ha espresso solidarietà nei confronti del carabiniere e si è detto pronto a rilanciare gli interventi di modifica dell’articolo 53 del Codice penale per meglio tutelare gli agenti.
Al contempo, però, i sindacati hanno lanciato l’allarme: tra le forze dell’ordine sta crescendo la paura di utilizzare l’arma a causa delle possibili conseguenze penali, disciplinari e mediatiche. Secondo Andrea Cardilli, segretario nazionale Usic l’obiettivo del governo dovrebbe essere quello di mettere le forze di polizia nelle condizioni di operare per la sicurezza dei cittadini “senza avere il pensiero di incorrere in un provvedimento”.
Secondo Massimiliano Zetti, segretario generale del Nuovo Sindacato Carabinieri, la legislazione italiana non permette al pm di decidere se aprire o meno un procedimento penale, quindi si tratta di un “atto dovuto”. Zetti ha evidenziato che il carabiniere che ha compiuto il suo dovere riceverà una spesa anticipata dallo Stato pari a 5.000 euro, ma questa cifra sarà spesa in pochi atti e il militare dovrà sostenere di tasca sua i costi per la difesa.
Inoltre, secondo Zetti gli agenti spesso temono più le conseguenze penali, disciplinari e mediatiche che le pallottole o le coltellate. Il motivo è semplice: almeno quelle le prendono loro e non sono le loro famiglie a soffrirne. Si tratta, quindi, di una situazione che può creare una grande pressione psicologica a chi deve affrontare situazioni di pericolo.
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