Soldatessa si spara nella metro, Caterina scriveva: «Le donne belle sono quelle felici»
Si è chiusa la porta del bagno alle spalle e si è uccisa con un colpo di pistola al petto. Erano le 8,47 e il caporal maggiore Caterina Glorioso in servizio presso la Stazione della metropolitana Flaminio di Roma aveva appena detto alla collega: «Devo andare in bagno, ora torno». Invece ha esploso un colpo, mortale, subito sentito dalla militare che era poco distante. È corsa in bagno ma non c’era più niente da fare, inutili i tentativi di soccorso. La soldatessa, 30 anni, originaria di Vitulazio in provincia di Caserta aveva preso servizio alle 7. Tra pochi giorni, dopo 6 mesi, avrebbe lasciato la capitale dove era stata distaccata per l’operazione Strade sicure insieme ai commilitoni del Reggimento Genio Pontieri di Piacenza. Era una volontaria dell’Esercito in ferma prefissata, si era arruolata 5 anni fa.
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ALL’EX
La soldatessa ha lasciato una lettera di 12 pagine, trovata in un cassetto nel suo alloggio alla Cecchignola, in cui preannunciava il suicidio e spiegava i motivi che l’hanno spinta al gesto più estremo. Potrebbero essere personali, legati alla recente fine della relazione sentimentale con il fidanzato di sempre, nell’ultimo periodo diventata burrascosa. Un’azione meditata da chissà quanto tempo e ben studiata. La Procura ha aperto un fascicolo per istigazione al suicidio, la lettera, raccolta dai carabinieri della Compagnia Trionfale, è sotto sequestro. Il corpo della giovane soldatessa è rimasto nella stazione (chiusa per permettere i rilievi della Scientifica) fino a poco dopo le 14. Ora sarà sottoposta ad autopsia. Caterina, sorridente e allegra sui social, viene descritta dai colleghi come «una persona introversa», ma che assolutamente «mai ha dato segnali da spingere i superiori a sospenderle l’attività, ancor più che aveva un’arma con sè». Insomma, «un fulmine a ciel sereno». Dopo il rientro a Piacenza sarebbe tornata a casa per una licenza. Ieri mattina era in normale turno di servizio dinamico intorno alla stazione. Solo strilli e grida straziate a casa dei genitori, che lavorano in fabbrica e hanno fatto studiare i tre figli (Caterina era la maggiore) e li hanno accuditi con amore. Alessandra, cugina del papà non si capacitava ieri al telefono: «Una ragazza tranquillissima, serena, solare». E Gabriele Russo, altro parente a lutto, di ritorno da casa dei genitori: «Qui nei paesi siamo una grande famiglia, della vecchia scuola, questa è una tragedia. Io spero solo che riposi in pace, perché non sappiamo spiegarci i motivi del suo gesto, ci ha sorpresi tutti, al mio paese c’è un proverbio bellissimo che dice la testa è come la sfoglia di una cipolla…».
FELICITÀ
«Le donne belle per davvero sono quelle felici», scriveva lei sul suo profilo Facebook. Caterina era bella davvero ma forse non era più felice. Una storia importante chiusa da poco l’avrebbe spinta a farla finita. «Si era lasciata con il fidanzato 4 o 5 mesi fa, ma era molto legata alla famiglia, al fratello e alla sorella e quel lavoro l’aveva scelto lei, lo amava. Incredibile che si sia uccisa», racconta un amico dai tempi dell’infanzia. Una piccola comunità, ripete il signor Russo, dove l’aspettavano tra pochi giorni: «Notiamo qualsiasi particolare, siamo molto uniti, chissà però prima di queste azioni cosa scatta dentro». A Roma resterà una stazione chiusa, a lutto fino alle 14 passate, sotto lo sguardo triste dei colleghi, incapaci di spiegarsi anche loro l’accaduto. Sul posto oltre al pm di turno della Procura ordinaria, anche il pm della Procura militare, i carabinieri, i vigili urbani e il 118. Dall’inizio dell’anno solo nel comparto forze armate si contano ben 34 suicidi. Una strage silenziosa. «Ormai nelle caserme mancano quelle valvole di decompressione che una volta aiutavano a mitigare e dimenticare anche i problemi all’esterno – spiega Carlo Chiariglioni, presidente di Assomilitari – l’empatia spesso declarata non viene sempre applicata».
Redazione a cura di Alessia Marani e Raffaella Troili per il Messaggero.it