Siti porno dal computer in ufficio, carabiniere congedato dall’Arma. Il TAR accoglie il ricorso “solo 18 volte”
Il ricorrente, militare dell’Arma dei Carabinieri, nel corso del 2020, veniva coinvolto in un’indagine della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Catania, unitamente ad altre venti persone, residenti in luoghi diversi del territorio nazionale, quale detentore di materiale pedopornografico. A seguito di perquisizione informatica, personale e locale nei confronti del ricorrente, si procedeva al sequestro di una serie di dispositivi informatici e telefonici unitamente ad un account cloud e ad una casella di posta elettronica, riscontrandosi “la presenza di circa 4082 file di natura pedopornografica, dei quali 1285 video ritraenti bambine di età compresa tra i 3 e i 14 anni circa in attività sessuali con adulti o mentre compivano atti di autoerotismo con utilizzo di sexy toys o altri oggetti” (verbale di arresto); di qui la adozione della misura degli arresti domiciliari per la ipotesi di reato di cui all’art. 600-quater, comma 2, c.p..
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La sentenza penale e l’inchiesta formale
Con sentenza n. 539/21 del 24 marzo 2021 il ricorrente veniva condannato dal Tribunale di Napoli alla pena di anni uno di reclusione ed € 800,00 di multa, oltre pene interdittive accessorie, per il reato di detenzione di materiale pornografico prodotto mediante lo sfruttamento sessuale di minori (600-quater c.p.), escludendosi la circostanza della ingente quantità.
Acquisita la “relazione finale” redatta dall’Ufficiale Inquirente, che riteneva gli addebiti “fondati”, la commissione di disciplina, nella seduta del 1° settembre 2021, riteneva il ricorrente “non meritevole di conservare il grado”.
Al fine, il Ministero della Difesa a conclusione del procedimento disciplinare, irrogava al ricorrente la sanzione “espulsiva” della perdita del grado per rimozione, con la seguente motivazione: “Appuntato RF, veniva trovato in possesso di dispositivi informatici e account “cloud storage”, sottoposti a sequestro, contenenti 4082 files di natura pedopornografica, ritraenti bambine di età compresa tra i 3 e i 14 anni circa”.
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La sentenza del TAR
Il Tar ha ritenuto fondato il ricorso. Secondo l’accusa – avrebbe in orari di servizio utilizzato un computer d’ufficio per scaricare la 4.082 files da alcuni siti porno. Tuttavia nella C.T.U. presente agli atti, il consulente chiariva che tra tutti i contenuti multimediali analizzati ed estratti non emergeva la presenza di file di natura pedopornografica”;
– dalle analisi eseguite con IEF, sul reperto CT03 erano, invece, individuate 18 tracce di navigazione sul sito MEGA.nz;
– “dalla C.T.U. svolta dal consulente dell’ufficio di Procura è emerso che solo in uno dei supporti informatici sequestrati all’imputato sono state rinvenute 18 tracce di navigazione verso il sito interessato tramite l’account riferibile allo stesso”;
– lo stesso P.M. nelle proprie conclusioni rimarcava che la “predetta aggravante [della ingente quantità: ndr] deve essere esclusa”;
– “devono inoltre riconoscersi le attenuanti generiche a favore dell’imputato in virtù dell’atteggiamento pienamente collaborativo sin da subito manifestato con la P.G. nonché in sede processuale, stante le rese dichiarazioni ampiamente confessorie, nonché del ristretto arco temporale nel quale la condotta è stata posta in essere, segno evidente della occasionalità del fatto probabilmente maturato, come dichiarato dall’…., in un momento di stress lavorativo-personale”;
– “stante, infine, la biografia penale dell’imputato, incensurato, e la personalità dello stesso, valutandosi la condotta come un episodio occasionale e isolato, si ritiene concedibile il beneficio della sospensione condizionale”.
Di tale patente discrepanza tra le primigenie accuse, ove si riferiva di 4082 files scaricati, e gli accertamenti contenuti nella sentenza –ove, di contro, è a parlarsi di 18 tracce di navigazione verso il sito web de quo– non è dato conto negli atti impugnati.
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