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SIRIA: L’OCCIDENTE NON HA ANCORA CAPITO CHE E’ PUTIN A COMANDARE

(di Franco Iacch) – Cercando la parola si trovano i
pensieri. Se prendessimo spunto dalla riflessione del filosofo francese Joseph
Joubert per provare ad intuire le strategia del Cremlino in Siria, tra le
crespe onde dell’oceano potremmo anche scorgere la punta dell’iceberg.

Poche ore dopo il discorso
all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, Putin è passato all’azione in
difesa del regime di Bashar al-Assad. Secondo il Ministero della Difesa russo,
i bombardieri hanno colpito venti target dello Stato islamico a Rastan,
Talbiseh ed in altre città nei pressi di Homs, punto strategico della Regione.
Subito dopo i raid, il
Pentagono, ha espresso forti perplessità sulle unità colpite. Sappiamo che
proprio la zona di Homs è stata focolaio della rivolta popolare contro Assad
nel 2011 e non è mai stata identificata come roccaforte del califfato.
I bombardieri russi sarebbero
entrati in azione per spianare la strada agli elicotteri armati di Assad.
Secondo il Pentagono, i russi avrebbero bombardato la cittadina di Lataminah,
nella provincia siriana occidentale, sotto il controllo del gruppo ribelle
Tajammu al-Aaza.
Il
gruppo, addestrato e finanziato dalla CIA, ha anche pubblicato un video che
mostra aerei da combattimento che solcano il cielo pochi secondi prima che
iniziassero a sganciare ordigni.
Ma l’attacco militare russo
vero e proprio è solo un “dettaglio”, un tassello nell’enorme mosaico
russo-siriano.
In primo luogo la scelta degli obiettivi.
Che siano unità addestrate dalla CIA o terroristi, Mosca ha lasciato intuire
che in Siria quanti non sono dalla parte di Assad sono degli obiettivi da
colpire. Ed è questo il primo vero messaggio di Putin: la Russia è pronta ad usare la forza letale per difendere i propri
interessi ed i suoi alleati
. Quanti hanno accettato il “patrocinio”
occidentale, non godono delle simpatie del Cremlino. Sarebbe opportuno anche
rilevare che Putin sembra non considerare nemmeno quella “opposizione moderata
siriana”, inizialmente invitata a collaborare con Damasco. La strategia russa
sembra essere più propensa nel delineare tutte le fazioni che hanno vari gradi
di affinità con lo Stato islamico, in un binomio che potremmo riassumere : “O con Assad o con i terroristi”. Posto
questo: cosa faranno gli USA?
Difenderanno le fazioni fino ad oggi sostenute militarmente ed economicamente?
sarebbe il preludio di una guerra. Forse indirettamente, magari con la
fornitura di armi antiaeree? Ed allora sarebbe un nuovo Afghanistan. La storia,
però, non è mai la medesima.
I contesti possono sembrare
simili, le forze in campo anche, ma le variabili sono infinite. Considerare che
i ribelli siriani possano agire come i mujaheddin afghani è un pericoloso
parallelismo. Putin, in queste ore ha dimostrato altro: una velocità di
esecuzione che andrebbe letta anche come un messaggio rivolto agli europei. La
Russia ha dimostrato una capacità d’intervento immediata in contrasto con
l’indecisione dell’Occidente.
Occidente:
contenitore verbale in realtà. Se non fosse per la presenza degli Stati Uniti,
l’Occidente europeo e la stessa NATO verrebbero nettamente ridimensionati con
capacità alquanto discutibili. Cremlino che una volta identificati gli
obiettivi, non ha perso tempo nell’agire ed assumersi anche i possibili rischi.
Perché se Mosca dovesse riuscire a stabilizzare il regime di Assad, potrebbe
anche rinegoziare il suo rapporto con l’Arabia Saudita, la Turchia e la Libia,
direttamente (chi più chi meno) coinvolti dalle sorti del conflitto. Durante la
Guerra Fredda, la Marina sovietica aveva libero transito nelle basi dislocate
in Algeria, Libia, Egitto ed Jugoslavia. Tali accessi garantivano all’Unione
Sovietica una potente presenza nel Mar Mediterraneo.
La recente tendenza verso
l’espansione marittima potrebbe essere un presagio per le future iniziative di
politica estera russa. La nuova flotta russa (il riarmo sarà completato nel
2020) necessita di supporto logistico per le distribuzioni prolungate
all’estero. Quel vertice “anti-estremismo”, infine, convocato da Obama. E’
servito a ben poco considerando che i concetti di stabilità, pace, libertà e
prosperità ribaditi erano sicuramente ad effetto ma difficilmente realizzabili
nell’immediato. Colloqui che, però, hanno riportato Putin sulla scena mondiale
ad affermare le sue convinzioni. E se da un lato tutti i candidati alla Casa
Bianca continuano a definire Putin con svariati epiteti per accaparrarsi
proseliti, Mosca ha già unito a se i
governi di Iran, Siria e Cina. L’Iran, al di là della lotta al “terrorismo”,
teme la possibile rivalsa dei sunniti al potere.
I cinesi, invece,
vorrebbero continuare a preservare uno dei più grandi importatori del mondo.

Naturalmente, siamo ancora
all’inizio. La Russia potrebbe anche essere risucchiata dal vortice medio
orientale che potrebbe innescare, indebolendo ulteriormente una precaria
economia che sempre di più si basa sulle industrie della Difesa. Ad ogni modo,
potremmo disquisire all’infinito, ma il contesto attuale parla chiaro: è Putin che tesse le trame in Siria. O
forse, infine, l’intervento i Siria è solo un pretesto. La Russia, sotto la
copertura della “lotta al terrorismo internazionale” potrebbe mirare al
ripristino di tutti gli avamposti navali per garantire stabilmente la sua
presenza nel Mediterraneo nell’Atlantico.
©
InfoDifesa

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