Da investigatore e passacarte, TAR Riconosce il Burn Out come causa di servizio ad un poliziotto. “Una sentenza epocale”
La sentenza del TAR Liguria relativa al riconoscimento della sindrome da burnout come causa di servizio per un agente della Polizia di Stato rappresenta un caso giuridicamente complesso e socialmente rilevante. Dopo anni passati di indagini su droga e mafia, lo scontro con i superiori che lo avevano pressato per ottenere i risultati, il confinamento in un ruolo da passacarte e l’insorgere dello stress. Un assistente capo della polizia ha ottenuto dopo una lunga battaglia il riconoscimento “della causa di servizio per l’infermità costituita dalla sindrome di burn out”.
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Contesto del Caso
L’agente della Polizia di Stato, in servizio per quasi 30 anni, con esperienza in attività operativa e investigativa, si è trovato ad affrontare un cambiamento significativo nelle sue mansioni, passando a compiti burocratici. Questa transizione, unita allo stress accumulato negli anni, ha portato alla diagnosi di sindrome da burnout, patologia riconosciuta dalla medicina come conseguenza di stress lavorativo cronico.
Il Percorso Legale
Il riconoscimento della sindrome da burnout come causa di servizio è stato inizialmente negato dall’Amministrazione, decisione contro la quale l’agente ha presentato ricorso. Il caso è stato esaminato dal TAR Liguria, che ha dovuto considerare diversi aspetti, tra cui la natura della patologia, la sua connessione con il servizio prestato e le procedure amministrative seguite dall’Amministrazione.
Elementi Chiave della Sentenza
1. Riconoscimento della Sindrome da Burnout: La sentenza ha riconosciuto che il burnout può essere una conseguenza diretta dell’ambiente e delle condizioni di lavoro, in linea con le definizioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.
2. Collegamento con il Servizio: Il TAR ha rilevato un nesso causale tra il servizio prestato dall’agente e la sindrome, considerando l’intensità e la natura dello stress lavorativo a cui era stato sottoposto.
3. Critiche all’Amministrazione: La sentenza ha evidenziato carenze nell’istruttoria e nella motivazione dell’Amministrazione, che non aveva adeguatamente considerato tutti gli elementi e le prove presentate.
In particolare il collegio ha tenuto conto di quanto rappresentato dal ricorrente in punto di eziopatogenesi, ed in particolare:
Che dopo circa vent’anni di servizio operativo e investigativo connotato da uno stress oggettivo e dall’ansia per il raggiungimento dei risultati attesi, è stato destinato a servizi burocratici che avrebbero determinato un senso di frustrazione ed inadeguatezza “nella convinzione di essere stato uno strumento per i superiori gerarchici”.
“Da un punto di vista eziopatogenetico, all’origine del suo disturbo psico-somatico, si è rivelata centrale e determinante il vissuto svalutativo di un ruolo professionale costruito con fatica, sacrificio e abnegazione in quasi trent’anni di servizio eccellente; questo ha minato alla base la sua identità professionale andando ad inquinare le fonti principali della sua motivazione al lavoro e ad incrinare la qualità di alcuni suoi strategici rapporti professionali. In particolare, uno dei contenuti fondamentali e maggiormente destabilizzanti del suo portato emotivo e, quindi, del suo ormai radicato disturbo da stress lavoro correlato, consiste in una forte percezione di ingiustizia che lui sente di aver subito e nella conseguente impossibilità di ricostruire un ambiente compatibile con le sue caratteristiche personologiche. Tale dato, se considerato nel contesto di una storia professionale e personale di un certo tipo e, soprattutto, nell’ambito di una struttura di personalità fortemente ancorata ad un impianto etico molto ben radicato, ha prodotto effetti estremamente deleteri compromettendo in modo profondo e irrimediabile un iter professionale di lungo corso che lui aveva vissuto in prima persona molto più che come un semplice “lavoro”; nel tempo ha compromesso anche l’equilibrio psico-emotivo personale che era riuscito a costruire nonostante le innegabili difficoltà di un percorso spesso molto difficile ed estremamente delicato. Con queste premesse e in queste condizioni il risultato non poteva che essere una vera e propria sindrome di burnout”.
Il TAR ha sottolineato, inoltre che, secondo la ASL il burn out non discende necessariamente da fatti eclatanti o da episodi di stress eccezionale, ma anche da fatti meno evidenti che, se prolungati per un considerevole spettro temporale, sono in grado di produrre un logorio – lento ma effettivo – nel lavoratore, situazioni che, nel caso del ricorrente, la stessa ASL ha rinvenuto nello svolgimento di un servizio operativo ventennale connotato dall’alto impegno psicofisico necessario per lo svolgimento dell’attività di polizia, caratterizzato da una particolare etica del servizio per cui l’attività lavorativa viene effettuata con grande investimento emotivo e non come un semplice lavoro di routine, associato alla repentina destinazione a mansioni burocratiche, che il ricorrente ha ritenuto determinate dalla cessazione della stima da parte dei propri superiori. Il Comitato , invece, ha circoscritto la verifica alla ricerca di fattori conflittuali o di situazioni di stress lavorativo aventi natura particolare o eccezionale, omettendo di indagare sui puntuali profili eziopatogenetici rappresentati dalla ASL in relazione alla singolarità della patologia in questione.
Tali fattori – ha concluso il TAR – sebbene non assurgano a piena prova, per la loro natura tecnica e per la puntuale motivazione su fatti specifici e sulla dichiarata riconducibilità della patologia al servizio svolto, impongono alle amministrazioni competenti una verifica accurata sull’eziologia della sindrome.
Implicazioni della Sentenza
La decisione del TAR Liguria apre nuovi scenari nel diritto del lavoro, in particolare per quanto riguarda la salute mentale e il benessere dei lavoratori. Riconoscere ufficialmente il burnout come malattia professionale può avere un impatto significativo su come le Forze Armate e di Polizia gestiscono il benessere dei propri appartenenti, stimolando una maggiore attenzione verso la prevenzione e la cura dello stress lavorativo.
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