RIFORMA FORZE DI POLIZIA, DOPO LA FORESTALE E’ IL TURNO DELLA PENITENZIARIA. ECCO COSA SI PREVEDE
Dopo l’assorbimento
del Corpo Forestale da parte dell’Arma
dei carabinieri, continua il processo di riforma delle forze di polizia. La questione penitenziaria,
prepotentemente venuta all’attenzione a causa del problema del sovraffollamento
delle carceri, ha trovato in questi anni risposte frammentarie, parziali e
insufficienti, espressione della incapacità di affrontare il problema nel
quadro unitario delle scelte statali di prevenzione e di repressione affidate
al sistema penale. E’ quanto si legge nel testo elaborato dalla Commissione Gratteri nell’ambito dell’istituzione
del Corpo
di Giustizia dello Stato.
questo senso – si
legge nel testo – occorrerà
riunificare nell’unica carriera del Corpo di Giustizia dello Stato le varie
categorie oggi facenti capo al Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria.
Il Corpo di Giustizia dello Stato, il quale in tale prospettiva svolgerà tutte
le funzioni connesse all’esecuzione delle pene disposte con sentenze definitive
ed ai profili di sicurezza connessi all’attività giudiziaria, si configurerà
pertanto come una autentica polizia della Giustizia, e non come una polizia del
carcere, così come è stata sinora intesa la Polizia Penitenziaria. Alle attuali
funzioni dell’amministrazione penitenziaria dovranno aggiungersi tutte le altre
attività volte a dare concreta attuazione ai provvedimenti giudiziari, nonché a
curare tutti i profili inerenti la sicurezza connessi all’attività giudiziaria.
Tra le nuove competenze da attribuire alla “polizia della giustizia” vanno
ricomprese: – l’esecuzione dei provvedimenti di carcerazione o di esecuzione di
pene diverse conseguenti a condanne definitive, ove il magistrato in tal senso
disponga; – la sorveglianza sui soggetti in detenzione domiciliare od ammessi
ad altre misure alternative; – la sicurezza dei magistrati, con apposito nucleo
di agenti che provvederà anche ad assicurare la sicurezza dei palazzi di
giustizia; – la sicurezza dei collaboratori di Giustizia, anche non detenuti, determinando
quella scissione tra attività di sicurezza ed attività investigativa da più
parti invocata ed attuata in alcuni moderni ordinamenti occidentali.
specializzazione e la finalizzazione alle funzioni di giustizia – prosegue il testo – comporterà correlativamente una incompatibilità con
funzioni ed iniziative di polizia giudiziaria ed un divieto assoluto di
rapporti non autorizzati con i servizi di sicurezza. Residueranno
esclusivamente le funzioni di polizia giudiziaria per reati connessi allo
svolgimento della funzione, attribuite dal codice di procedura penale e dalle leggi
speciali.
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In merito
a tale commissione l’on. Elio Vito ha interrogato il Ministro della Giustizia,
ecco il testo dell’interrogazione:
Il
corpo di polizia penitenziaria svolge compiti di polizia giudiziaria, pubblica
sicurezza, gestione delle persone sottoposte a provvedimenti di restrizione o
limitazione della libertà personale. Espleta inoltre, attività di polizia
stradale ai sensi dell’articolo 12 del codice della strada, partecipa al
mantenimento dell’ordine pubblico, svolge attività di polizia giudiziaria e
pubblica sicurezza anche al di fuori dell’ambiente penitenziario, al pari delle
altre forze di polizia, svolge attività di tutela e scorta di personalità
istituzionali (Ministro della giustizia, Sottosegretari di Stato e magistrati)
del Ministero della giustizia. Di recente, in quanto forza di polizia a
competenza generale, la polizia penitenziaria è entrata a far parte anche della
D.I.A. (Direzione Investigativa Antimafia) e dell’Interpol;
in,
tale quadro attuale di polizia nazionale, la polizia penitenziaria è stata
oggetto di progetti di modifica, ai,
fini della sua crescita, in sede di «Stati generali dell’esecuzione penale»,
istituiti con decreto ministeriale 8 maggio 2015 (integrato dal decreto
ministeriale 9 giugno 2015) e, in particolare, attraverso, il Tavolo 15. Dalla lettura di tale
progetto, pubblicato sul sito ufficiale del Ministero della giustizia con
relativi allegati ed integrazioni, si apprende che si tratta di un progetto che
pone definitivamente fine al corpo di
polizia penitenziaria quale forza di polizia nazionale che ai sensi
dell’articolo 55 del codice di procedura penale, dell’articolo 16, comma 2
della legge 121 del 1981 e dell’articolo 19 della legge 183 del 2010 riveste le
medesime funzioni di polizia giudiziaria e di pubblica sicurezza delle altre
forze di polizia nazionali;
il progetto 2 del tavolo 15 degli Stati generali prevede infatti la soppressione del corpo di polizia
penitenziaria e la sua confluenza nel «Corpo di Giustizia dello Stato»,
unitamente alle altre variegate figure professionali del D.A.P. (educatori ed
assistenti sociali). In tal modo viene soppresso un corpo di polizia dello
Stato e nasce un calderone onnicomprensivo;
dalla bozza collegata ai lavori del Tavolo 15 si evince la perdita delle
funzioni generali di polizia giudiziaria: «L’alta specializzazione e la
finalizzazione alle funzioni di giustizia… comporterà, correlativamente una
incompatibilità con funzioni ed iniziative di polizia giudiziaria (comportando,
tra l’altro, l’immediato scioglimento del nucleo investigativo centrale e
l’uscita della polizia penitenziaria dalla D.I.A.) un divieto assoluto di rapporti
non autorizzati con i servizi di sicurezza (ergo l’impossibilità a
concorrere all’attività di sicurezza delle altre forze di polizia, a differenza
di queste ultime che invece potranno concorrere nell’espletamento delle
funzioni del «Corpo di Giustizia»). Residueranno esclusivamente le funzioni di
polizia giudiziaria per reati connessi allo svolgimento della funzione,
attribuite dal codice di procedura penale e dalle leggi speciali (il che
significa l’equiparazione delle funzioni di P.G. della polizia penitenziaria a
quelle dell’attuale polizia locale, limitata nell’ambito penitenziario e
durante il servizio»;
oltre
all’ovvio pregiudizio per lo Stato, che in tal modo si priverebbe di 39.000 unità (donne e uomini) di polizia
penitenziaria, che attualmente, in quanto ufficiali ed agenti di polizia
giudiziaria) garantiscono, a costo zero la sicurezza generale dello Stato anche
al di fuori dell’orario di servizio, si ledono i diritti del personale che
d’imperio perderebbe lo status acquisito tramite pubblico
concorso;
peraltro
il fatto di istituire un unico corpo, in cui far confluire quali ruoli tecnici,
le altre figure non di polizia del D.A.P. (assistenti sociali ed educatori),
comporterebbe ulteriori anacronistici costi per l’erario dello Stato, rivelandosi
come una riforma non solo infondata in diritto ma anche inefficace ed anti
economica, in violazione dell’articolo 97 della Costituzione;
pertanto,
posta l’opportunità di ampliamento delle funzioni di polizia extra-murarie
della polizia penitenziaria nell’ottica di restituire al legittimo detentore
della materia della esecuzione penale, non soltanto la totalità delle funzioni
collegate all’esecuzione penale stessa, ma anche quelle di sicurezza collegate
al Ministero della giustizia (tra queste la vigilanza dei palazzi di giustizia,
le scorte a tutti i magistrati ed a tutti i collaboratori di giustizia –:
si chiede se e quali iniziative il
Governo intenda adottare per evitare il pregiudizio per la sicurezza del Paese
e per 39.000 donne e uomini del corpo di polizia penitenziaria, posto che
l’attuazione del disegno sul «Corpo di Giustizia» comporterà, a giudizio
dell’interpellante, fondato ed inevitabile pregiudizio tanto all’uno, quanto
agli altri, per le cessate funzioni generali di polizia giudiziaria e di
pubblica sicurezza; in tal caso, con quali
modalità verrà consentito il transito del personale richiedente di polizia
penitenziaria in altre forze di polizia, analogamente a quanto avvenuto in
occasione dello scioglimento degli ufficiali del disciolto Corpo degli agenti custodia nel 1990, e, da ultimo, con il Corpo
forestale dello Stato, i cui appartenenti hanno ottenuto ex lege, il
diritto di transitare in altra forza di polizia nonostante la permanenza delle
stesse funzioni.
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