Quattro militari accusati di contrabbando di sigarette sulla nave della Marina
Erano impegnati in una missione militare internazionale per il contrasto all’emigrazione clandestina verso l’Italia tra il 2017 ed il 2018, e avrebbero creato dei canali con la Libia per importare a bordo di una nave della Marina militare sigarette di contrabbando per oltre 300 chilogrammi ed altra merce. E’ quanto sostiene la procura di Brindisi nei confronti di quattro militari italiani ed un ufficiale della Guardia Costiera libica per i quali è stata emessa un’ordinanza di misure cautelari. I cinque sono accusati di contrabbando di sigarette, imbarco arbitrario di merci di contrabbando sulla nave militare Capri, corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio e falso ideologico. Quattro militari italiani sono stati sottoposti all’obbligo di dimora e per l’ufficiale libico è stato disposto l’arresto in carcere. I militari italiani indagati sono tre ufficiali e un sottoufficiale della Marina Militare, mentre l’ufficiale libico è in servizio alla Guardia costiera libica. Due degli ufficiali coinvolti sono del Tarantino, l’altro della provincia di Brindisi, mentre il sottoufficiale è residente nella Bat (Barletta-Andria Trani).
I fatti contestati dalla procura di Brindisi sarebbero avvenuti nel corso dell’operazione Mare Sicuro svolta dalla nave Capri della Marina Militare italiana nel porto di Tripoli dal 14 dicembre 2017 sino al 28 marzo 2018. La stessa nave poi arrivò nel porto di Brindisi poco più di un mese dopo, il 14 maggio. Fu nel porto del capoluogo messapico che iniziarono le verifiche della Guardia di finanza, e che portarono alla scoperta delle sigarette di contrabbando e di altre merci, tra cui farmaci e prodotti per l’igiene personale che venivano introdotte illecitamente in Italia. Per l’accusa, l’ufficiale originario della provincia di Brindisi, avrebbe recuperato la somma di denaro necessaria a finanziare l’approvvigionamento a Tripoli del carico illecito, attraverso fatturazioni per operazioni in tutto o in parte inesistenti da parte di società libiche ritenute vicine all’ufficiale arrestato, facendole figurare come forniture di beni e servizi utili alla nave. La merce, acquistata in Libia, secondo l’ipotesi investigativa poteva essere rivenduta in Italia con un notevole margine di profitto eludendo gli elevati dazi di importazione. Nell’inchiesta sono indagate altre tre persone, tra cui un altro appartenente alle forze armate, e due parenti dell’ufficiale brindisino, che avrebbero supportato l’uomo nel trasporto e nella custodia delle sigarette di contrabbando.
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