Porto d’armi agli ufficiali delle Forze Armate: le nuove direttive del Ministero dell’Interno
Il rilascio del porto d’armi per difesa personale agli ufficiali delle Forze Armate deve sottostare alle regole in vigore per tutti i cittadini italiani, vale a dire, fra tutti, il “comprovato bisogno”. E’ quanto emerge da una recente sentenza del Consiglio di Stato. La richiesta era stata motivata con il sentirsi in pericolo a seguito delle informative ricevute dalle forze armate che richiamano l’attenzione sui rischi di attacchi al personale militare in divisa e in borghese. Clicca qui per leggere la sentenza
A seguito di tale sentenza del Consiglio di Stato, il Ministero dell’Interno ha diramato una nuova direttiva sul rilascio di licenza di porto d’arma per difesa personale agli Ufficiali delle Forze Armate. Ecco i punti salienti:
“La pronuncia del Supremo Organo di giustizia amministrativa fornisce anche alcune regulae iuris sulle quali si ritiene opportuno richiamare l’attenzione. Ci si riferisce al “passaggio” della sentenza dove si afferma che la sussistenza del “dimostrato bisogno” di portare l’arma deve essere valutato in aderenza alla situazione dell’interessato, come risulta caratterizzata dalla valenza e delicatezza delle funzioni istituzionali da questi svolte.
Ciò posto, l’attenzione va focalizzata sugli strumenti utilizzabili per acquisire elementi informativi utili ad esprimere il giudizio circa la ricorrenza di tale presupposto. Un primo elemento è costituito dalle attestazioni, prodotte dall’Ufficiale interessato, volte a documentare la circostanza che lo stesso è addetto a servizi che comportano esposizione a rischio. Si tratta di atti che – come anche evidenzia la richiamata sentenza del Consiglio di Stato – non vincolano il Prefetto, il quale è però tenuto a valutarli unitamente agli altri elementi che devono essere acquisiti nel corso dell’istruttoria.
In questo senso, si è dell’avviso che nel “compendio” degli elementi di giudizio debbano avere ingresso anche le notizie contenute nelle informative diramate da questo Dipartimento e quelle indirizzate ai Prefetti a nonna dell’art. 13 della legge n. 121/1981, con le quali vengono segnalate le situazioni di pericolo, di livello nazionale o locale, cui il personale delle Forze Armate potrebbe essere esposto in ragione del proprio ruolo istituzionale.
Inoltre, potranno essere utilmente presi in considerazione gli eventuali apporti conoscitivi che dovessero essere offerti anche dai competenti Organi dell’Amministrazione della Difesa, che potranno indicare qualificati elementi al fine di delineare la sussistenza dello stato di bisogno.
Da questo punto di vista, sì evidenzia che, per il migliore apprezzamento della valenza indicativa delle situazioni riscontrate o apprese, potrà essere valutata, innanzitutto, la possibilità di esaminare, in via generale, il gradiente dell’esposizione a rischio in cui versano gli Ufficiali e il restante personale delle Forze Armate, avuto riguardo anche allo specifico contesto della Provincia.
A tale scopo potranno essere raccolti spunti anche nel corso di sedute del Comitato Provinciale per l’Ordine e La Sicurezza Pubblica, secondo un modello di sviluppo dell’analisi che è stato considerato legittimo dal Consiglio di Stato nella ripetuta sentenza dell’ aprile di quest’anno.
A ciò, si andrà ad aggiungere la valutazione della specifica posizione dell’interessato, avuto riguardo anche ai suoi eventuali pregressi impieghi in teatri esteri, connotati da significativi livelli di esposizione a rischio, e alle evidenziazioni di livello personale che ne possono essere derivate.
La ponderazione degli elementi deve naturalmente culminare nella motivazione del provvedimento finale che, soprattutto quando di tenore negativo, deve essere supportata da una motivazione congrua e sufficiente.”