Poliziotto picchia e ferisce un diciassettenne, poi falsifica il verbale: a processo
“È inciampato ed è caduto: si è fatto male da solo”. La versione di un poliziotto accusato di aver pestato un ragazzino di 17 anni per strada in pieno lockdown non ha retto di fronte alle prove raccolte dalla procura contro di lui. Era tutto inventato, secondo l’accusa, ed era stato proprio l’agente, della squadra delle volanti, ad aver decisamente esagerato picchiando l’adolescente che stava scappando solo perché si trovava all’aperto, dopo le 18, sforando il coprifuoco all’epoca, il 2020, in vigore per l’epidemia.
Un occhio nero e una costola incrinata che gli ha perforato un polmone provocandogli uno pneumotorace era stata la “lezione” ricevuta per non aver rispettato le regole. Ieri si è conclusa l’udienza preliminare e il poliziotto, assistito dagli avvocati Silvia Schiavo e Claudio Altini, è stato rinviato a giudizio dal gup Giovanna Dimaria con accuse pesanti: lesioni per averlo picchiato, abuso d’ufficio e falso per aver mentito cercando di farsi passare come vittima di un’aggressione mai avvenuta. Il processo è stato fissato a marzo 2023.
La volante era intervenuta perché da una cabina telefonica, nei pressi di via Sanremo, Mirafiori, era arrivata una chiamata che avvisava di una rissa con cocci di bottiglia utilizzati come armi. Era uno scherzo ideato da un gruppo di adolescenti, che poi si era subito dileguato. Su una panchina erano rimasti due ragazzi leggermente più grandi, diciassettenni, che nulla c’entravano con lo scherzo appena fatto alle forze dell’ordine. Ma era l’11 novembre 2020 e a quell’ora, dopo le 18, non si poteva essere in strada. Così alla vista della volante, anche loro erano subito scappati.
Gli agenti della pattuglia li avevano rincorsi, uno ciascuno. Quello dalle “mani pesanti” era riuscito ad agguantare la sua giovane vittima. E non era stato tenero con lui. Il ragazzo era poi stato affidato ai suoi genitori, ma il giorno dopo era dovuto ricorrere alle cure ospedaliere. Non riusciva a respirare, e la visita al pronto soccorso aveva confermato le botte ricevute: una lesione a uno zigomo e soprattutto il brutto colpo preso al torace.
La procura dei minori che aveva ricevuto la denuncia dalla polizia per resistenza, aveva archiviato l’accusa nei suoi confronti. Di contro era nato un fascicolo in procura a carico del poliziotto, affidato al pm Gianfranco Colace. Il ragazzino era assistito, come parte civile, dall’avvocata Monica Arossa che si è battuta per sostenere le sue ragioni. L’indagine è stata approfondita: il poliziotto, trentenne di età, sosteneva di essere stato aggredito dal ragazzino, che fosse in corso la rissa con i cocci di bottiglia, puntando a dimostrare la pericolosità del minorenne.
Ma la versione fornita dal diciassettenne era coerente, e anche la consulenza medica sulle lesioni riportate, disposta dal pm, aveva confermato che non potesse essere caduto. Dopo quell’episodio, il poliziotto di origine toscana, ha chiesto il trasferimento in quella regione.