POLIZIA, CADE L’OBBLIGO DI INFORMARE I SUPERIORI. INCOSTITUZIONALE LA LEGGE PER FARE CONOSCERE LE INDAGINI AI GOVERNI
In un recente approfondimento riguardante le Intercettazioni: remotizzazione e diritto di difesa nell’attività investigativa, si era incidentalmente trattato di un tortuoso iter burocratico di “circolarità informativa”1 dell’attività svolta dalla polizia giudiziaria, palesando, in modo critico, le possibili fughe di notizie, all’indomani della c.d. riforma Madia, in contrasto con il “segreto d’indagine” cristallizzato dal codice di procedura penale e che vede il pubblico ministero “dominus” nell’acquisizione delle notitiae criminis ex art. 347 c.p.p.
Ciò in quanto, in attuazione alla legge di riforma della P.A.2, le norme transitorie e finali del D.Lgs. 177 del 19 agosto 2016 prevedono all’art. 18 comma 5 che, allo scopo di “rafforzare gli interventi di razionalizzazione volti ad evitare duplicazioni e sovrapposizioni, i responsabili di ciascun presidio di polizia, trasmettano alla propria scala gerarchica le notizie relative all’inoltro delle informative di reato all’autorità giudiziaria, indipendentemente dagli obblighi prescritti dalle norme del codice di procedura penale”.
Si tratta di una norma, introdotta nell’afa di agosto, che aveva, de plano, recepito anche per le forze dell’ordine ad ordinamento civile, una pregressa previsione militare di cui all’art. 237 del DPR 90/2010(T.U.O.M.)3, rivolta a derogare il principio statuito dal codice di procedura ai sensi dell’art. 329 riguardo l’obbligo del segreto4 e che confligge con quel principio compendiato all’art. 109 della Costituzione secondo cui “l’autorità giudiziaria dispone direttamente della polizia giudiziaria”.
Un istituto che, da più parti, aveva sollevato critiche ed attente analisi valutative, come nel caso del Procuratore generale della Repubblica di Torino: “[…] Secondo Saluzzo e gli altri procuratori del distretto, la segnalazione delle notizie agli organi superiori delle forze dell’ordine “potrebbe determinare rischi di compromissione del segreto investigativo”. Il problema, spiega Saluzzo in un comunicato, è che l’obbligo di trasmettere informazioni alla propria scala gerarchica potrebbe, in determinate circostanze, costituire “un vulnus alla tutela del segreto di indagine”, provocando “la diffusione fin dalla fase iniziale di notizie che debbono restare segrete e sulla cui circolazione il pubblico ministero non avrebbe più alcun potere e mezzo di controllo”. Di conseguenza “i procuratori, con il mio totale accordo, hanno previsto che i magistrati segnalino i casi in cui ritengano di dover preservare il rispetto assoluto del segreto investigativo anche nei confronti delle rispettive ‘scale gerarchiche’, in modo da consentire agli stessi procuratori, nelle ipotesi in cui condividano tale necessità, di provvedere a conseguente comunicazione formale diretta ai dirigenti o comandanti dei presidi di polizia giudiziaria interessati, inclusi servizi centrali di polizia giudiziaria, comunicazione con la quale viene vietata e differita la comunicazione alla scala gerarchica”.
Un tema che, di lì a poco, avrebbe trovato risonanza attraverso il ricorso al Giudice delle leggi per il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato proposto dal Procuratore della Repubblica di Bari nei confronti del Governo, in relazione all’articolo di legge in argomento.
Il 7 novembre la Suprema Corte Costituzionale, si legge nella nota dell’Ufficio Stampa della Corte, “pur riconoscendo che le esigenze di coordinamento informativo poste a fondamento della disposizione impugnata sono meritevoli di tutela, ha ritenuto lesiva delle attribuzioni costituzionali del pubblico ministero, garantite dall’art. 109 della Costituzione, la specifica disciplina della trasmissione per via gerarchica delle informative di reato”.
Un roboante passo indietro a cautela del principio di separazione dei poteri dello Stato di cui si attendono le motivazioni della sentenza.
Sarà interessante conoscere, nel complesso, se anche gli organi militari, che per primi avevano introdotto il suddetto principio di circolarità informativa, in contrasto con le fonti di ben altro rango qui richiamate, adotteranno un correttivo a quel DPR 90/2010 (T.U.O.M.) ove era stato previsto all’art. 237 che: “indipendentemente dagli obblighi prescritti dalle norme del codice di procedura penale, i comandi dell’Arma dei Carabinieri competenti all’inoltro delle informative di reato all’autorità giudiziaria, danno notizia alla scala gerarchica della trasmissione, secondo le modalità stabilite con apposite istruzioni del Comandante generale dell’Arma dei Carabinieri”.
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1 Non si dimentichi il contenuto del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché della libera circolazione di tali dati, che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati).
2 L. 7 agosto 2015 n. 124.
3 “Indipendentemente dagli obblighi prescritti dalle norme del codice di procedura penale, i comandi dell’Arma dei Carabinieri competenti all’inoltro delle informative di reato all’autorità giudiziaria, danno notizia alla scala gerarchica della trasmissione, secondo le modalità stabilite con apposite istruzioni del Comandante generale dell’Arma dei Carabinieri”.
4 www.infodifesa.it, Obbligo di riferire ai superiori: luci e ombre della norma che impegna la polizia ad informare la scala gerarchica delle indagini in corso, di Cleto Iafrate, pubblicato il 6 febbraio 2017.
5 www.repubblica.it, Torino, il pg Saluzzo alla polizia giudiziaria: “Segreto istruttorio, non date notizie ai superiori”, pubblicato il 7 febbraio 2017.