Omicidio di due poliziotti: “Un individuo malato di mente non può essere lasciato “libero” di uccidere”
Roma. La Corte d’Assise di Trieste assolve, perché non imputabile, il responsabile del duplice omicidio di due Poliziotti, Pierluigi Rotta e Matteo Demenego, assassinati il 4 ottobre 2019.
Il Segretario Generale di USMIA Carabinieri Carmine Caforio, a nome dell’Associazione che rappresenta, si unisce all’insanabile dolore dei familiari dei due colleghi caduti nell’adempimento del dovere e, prendendo atto della sentenza basata sulle perizie di carattere tecnico-scientifico, manifesta le proprie preoccupazioni. “In questo scenario drammatico – precisa Caforio – si ritiene necessario fare alcune riflessioni: quante di queste tragedie sono accadute sotto gli occhi di tutti e quante ancora ne accadranno senza che cambi qualcosa? La domanda è rivolta soprattutto a coloro che avrebbero il potere/dovere di migliorare l’attuale sistema normativo sia a tutela delle Forze di Polizia, sia per prevenire il preoccupante fenomeno sociale di cui, purtroppo, si parla solo quando il delitto è stato già consumato.
Infatti, come si vede spesso nei programmi televisivi o da quanto si apprende sia dai giornali che dai social, notiamo apparire sempre più categorie di persone pronte a criticare l’operato di chi rischia la vita assumendosi grosse responsabilità che, in molti casi, esulano dalle specifiche competenze di Polizia.
In realtà, a “costoro” bisognerebbe spiegare che, quasi sempre, le pattuglie delle Forze dell’Ordine si trovano da sole a gestire situazioni pericolose con soggetti affetti da malattie mentali che manifestano atteggiamenti violenti e altamente lesivi – molti di essi già con precedenti psichiatrici, anche gravi, ma di fatto liberi e purtroppo incontrollati sotto l’aspetto sanitario. In questi casi i compiti di Carabinieri e Poliziotti che intervengono sul posto, sono quelli di reprimere l’azione pericolosa posta in essere dall’esagitato, metterlo in sicurezza, richiedere l’intervento della Guardia Medica Psichiatrica per tutelare in primis lo stato di salute del fermato ed infine, qualora il soggetto abbia commesso dei reati, refertare l’accaduto all’Autorità Giudiziaria.
Per far comprendere in modo semplice e sintetico, anche a chi si lascia andare alla pura critica, quali sono in questi casi le competenze delle Forze dell’Ordine, si ritiene opportuno sottolineare i seguenti concetti. Preliminarmente bisogna scindere l’aspetto penale – fatto reato – da quello della salute mentale la cui valutazione scientifica – demandata al perito del Tribunale – subentra in una seconda fase ed è finalizzata a stabilire se l’individuo che ha commesso il delitto sia o meno capace di intendere e di volere e quindi imputabile. Senza addentrarci negli aspetti tecnico/giuridici ma solo per avere un’idea basilare della procedura che generalmente viene adottata dalle Forze dell’Ordine, basta fare l’esempio dell’individuo malato di mente che abbia commesso un fatto per il quale la legge non preveda l’arresto. In questo caso, dopo che la Polizia Giudiziaria avrà proceduto alla sua identificazione, sarà la Guardia Medica Psichiatrica a valutare se è necessario sedarlo per procedere ad un ricovero coatto, oppure prescrivergli una terapia domiciliare. In quest’ultima circostanza la pattuglia riprenderà regolarmente servizio e il malato psichiatrico resterà libero e quindi, potenzialmente, nella condizione di reiterare il suo comportamento violento che, in questi soggetti, è quasi sempre imprevedibile. Da ciò emergono nette le carenze procedurali che riguardano la complessa materia della gestione dei malati mentali, spesso abbandonati a se stessi e alle loro famiglie, vittime indifese di un sistema che non funziona.”
Caforio, rivolgendosi al Governo, conclude – “se si vuole realmente arginare il preoccupante fenomeno, bisognerà trovare urgentemente le risorse per aumentare il numero delle strutture che si occupano di igiene mentale affinché i soggetti socialmente pericolosi possano essere costantemente seguiti, curati e, se del caso, vigilati in luoghi protetti e, come accennato in premessa, adeguare le leggi al fine di svolgere un’efficace e costante azione preventiva. Soltanto in questo modo il prezioso operato dei Carabinieri presenti in ogni angolo sperduto del nostro territorio e delle rimanenti Forze dell’Ordine che, ricordiamo, non sono competenti nella valutazione degli aspetti psichiatrici, potrà avere dei concreti risvolti in termini di prevenzione della sicurezza e soprattutto, porre le basi per il seguito di un percorso terapeutico a favore di chi potrebbe uccidere senza volerlo”.