“Non siamo carne da macello”: la rivolta dei Carabinieri contro silenzi e abbandono
Sotto l’uniforme, il grido strozzato di chi protegge il Paese senza essere protetto. È finita l’epoca dei silenzi e delle promesse vuote: a settembre, i carabinieri rompono il muro dell’indifferenza con una protesta che non lascia spazio a mezze misure. Antonio Nicolosi, segretario generale di UNARMA, lo dice senza giri di parole: “Non siamo carne da macello. Siamo carabinieri e pretendiamo rispetto.”
La protesta non è solo un atto simbolico, ma un’accusa diretta al cuore dell’Arma e alle sue mancanze. Ambienti degradati, dotazioni inadeguate, silenzi assordanti da parte dei vertici: la situazione è diventata insostenibile. “La goccia ha fatto traboccare il vaso”, afferma Nicolosi, denunciando una catena di comando che sembra più interessata a difendere se stessa che i suoi uomini.
Davanti al Comando Generale, luogo simbolo del potere, UNARMA chiederà dignità, tutele e trasparenza. Non sarà un semplice corteo ma una dichiarazione di guerra civile e ordinata contro l’immobilismo. “Difendere l’Arma significa difendere chi la serve ogni giorno”, aggiunge Nicolosi, puntando il dito contro una politica che usa la divisa come strumento di propaganda e che alimenta favoritismi e ingerenze.
Il messaggio è chiaro: “Il tempo dei silenzi è finito”. I carabinieri scendono in piazza per essere visti, ascoltati e rispettati. Perché dietro ogni uniforme c’è una persona che merita di essere trattata come un servitore dello Stato, e non come un numero invisibile.
Intervista ad Antonio Nicolosi segretario generale di Unarma
Cosa ha portato UNARMA a decidere una protesta pubblica?
«La goccia ha fatto traboccare il vaso. Da troppo tempo i carabinieri vivono una condizione di totale abbandono. Lavoriamo in ambienti degradati, con dotazioni inadeguate. Ancora oggi siamo l’unica forza di polizia che opera con camicia e cappello. E quando alziamo la voce, ci viene risposto con il solito con un silenzio assordante. Ora basta: a settembre saremo in piazza, davanti al Comando Generale dell’Arma.»
Perché proprio davanti al Comando Generale?
«Perché lì sta il vertice, lì devono arrivare le nostre istanze. Basta rimpalli, basta scaricare sui militari responsabilità e disservizi. Vogliamo che il Comandante Generale si assuma le sue responsabilità e prenda posizione pubbliche. Difendere l’Arma significa anche difendere chi la serve ogni giorno.»
Cosa chiedete con esattezza?
«Semplice: dignità, tutela dei nostri diritti e risposte chiare. Chiediamo rispetto per le donne dell’Arma, che non devono più essere solo numeri nelle statistiche.»
Ci sarà un programma preciso per la protesta?
«Sì. A settembre organizzeremo una manifestazione autorizzata e ordinata davanti al Comando Generale. Esporremo striscioni, leggeremo i punti del nostro documento “Basta silenzi”, e consegneremo una lettera formale con richieste specifiche. Vogliamo visibilità e risposte concrete, non promesse vaghe.»
Avete lanciato lo slogan “Fuori la politica dall’Arma”. A cosa vi riferite?
«Ci riferiamo a chi usa l’Arma come terreno di propaganda. A chi cerca visibilità strumentalizzando divisa e ordine pubblico. L’Arma dei Carabinieri deve restare super partes, al servizio dei cittadini e dello Stato. Non accetteremo più ingerenze e favoritismi politici nelle carriere, nelle nomine, nei trasferimenti.»
Il vostro messaggio al Comandante Generale è chiaro: “Assumiti la responsabilità”. Cosa chiedete concretamente?
«Chiediamo rispetto. Chiediamo che il Comandante Generale non si nasconda più dietro il comodo alibi dell’“atto dovuto” ogni volta che un carabiniere viene esposto mediaticamente o lasciato solo. Deve tutelarci, difendere l’onorabilità e la dignità dell’uniforme. Non vogliamo capri espiatori, vogliamo una catena di comando che difenda i suoi uomini.»
Temete conseguenze disciplinari o critiche interne?
«Non abbiamo paura. Il nostro è un diritto costituzionale, e siamo stanchi di essere trattati come sudditi. I carabinieri hanno diritto a una rappresentanza sindacale vera, ascoltata e rispettata. La nostra protesta sarà civile ma determinata. Chi ci critica lo faccia pure: noi rappresentiamo chi ogni giorno rischia la vita per pochi euro e zero tutele.»
Qual è il vostro messaggio finale?
«Il tempo dei silenzi è finito. Ora pretendiamo, non chiediamo più. A settembre lo diremo a voce alta, insieme, davanti a chi ha l’obbligo morale e istituzionale di ascoltarci. Non importa quanti saremo, importa cosa avremo da dire. Non siamo carne da macello, siamo carabinieri. E vogliamo essere trattati da servitori dello Stato, non da invisibili.»