Avvocato Militare

Nigeriana offre rapporto orale ad un poliziotto per evitare l’arresto, per la Cassazione non è corruzione

(di Avv. Umberto Lanzo) – Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha fatto discutere per la decisione di non punire il reato di istigazione alla corruzione nel caso di una donna che aveva offerto una prestazione sessuale a un agente per evitare l’arresto.

I fatti e l’arresto durante un controllo antidroga

I fatti risalgono a un controllo antidroga della polizia a Cassino, durante il quale una donna di origini nigeriane aveva opposto resistenza all’agente che stava operando e, per questo, era stata dichiarata in arresto.

Mentre veniva ammanettata, la donna aveva proposto all’agente un rapporto orale per essere rilasciata. L’agente aveva rifiutato e portato la donna in commissariato con le accuse di resistenza a pubblico ufficiale e istigazione alla corruzione. In primo grado il Tribunale di Cassino aveva condannato la donna per entrambi i reati, ma in Appello i giudici avevano fatto cadere l’accusa di istigazione alla corruzione, ritenendo che la proposta di praticare un rapporto sessuale fatta in pubblico e in un luogo aperto e visibile a tutti non fosse credibile.

Il ricorso in Cassazione

La condanna a 6 mesi per resistenza era stata confermata. La Procura aveva fatto ricorso in Cassazione contestando la mancata condanna anche per tentata corruzione. Gli Ermellini però hanno confermato la decisione dei giudici d’Appello, affermando che per la Cassazione l’offerta della prestazione sessuale fatta dalla donna sarebbe palesemente inidonea ad ottenere la finalità sperata, poiché effettuata in un contesto pubblico in cui non sarebbe stato possibile consumare l’atto.

L’assenza di Turbamento Psicologico

Inoltre, nella decisione ha pesato anche l’assenza di turbamento psicologico nel pubblico ufficiale quando ha deposto in Tribunale. Per la Cassazione la frase pronunciata dalla donna deve essere interpretata come una provocazione fatta al poliziotto, e non un tentativo di corruzione.

La decisione solleva interrogativi su quali siano i confini tra una condotta istigatrice e una semplice provocazione, e su come valutare la reale intenzione di chi compie simili atti. Il caso ha riacceso il dibattito sulla corruzione tra privati cittadini e rappresentanti delle forze dell’ordine. I supremi giudici dovranno stabilire se punire allo stesso modo comportamenti così diversi violi i principi di ragionevolezza e proporzionalità della pena.

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