NIENTE DA FARE PER UN TENENTE COLONNELLO DELL’ESERCITO HA CHIESTO CHE IL SUO ‘ASSEGNO’ FOSSE EQUIPARATO A QUELLI ‘DI GUERRA’
Una vita passata all’estero come militare impegnato in missioni umanitarie valgono il ricalcolo della pensione? È la domanda che si è fatto un tenente colonnello, difeso dall’avvocato Manuela Turchetti, credendo di aver diritto all’estensione dei «benefici combattentistici al personale militare in servizio per conto dell’Onu». E’ quanto riporta Umberto Maiorca per Umbriaon.it.
Le posizioni Una richiesta che per il ministero della Difesa non ha ragione di essere in quanto non si possono estendere i “benefici combattentistici” per il servizio «in zone di intervento» ai fini della pensione. Per il militare, invece, la legge non prevede «discriminazione tra benefici stipendiali e benefici pensionistici», con una implicita equiparazione tra il servizio prestato in missioni per conto dell’Onu e «la supervalutazione per campagne di guerra». Indicando anche una serie di sentenze della giustizia amministrativa e contabile in tal senso. Il ministero della Difesa, invece, sostiene che «le missioni svolte per conto dell’Onu sarebbero di pace e dunque non sovrapponibili alle campagne di guerra» e, quindi, «non sarebbe possibile l’equiparazione alle campagne di guerra in mancanza di una norma in tal senso».
L’Onu e le guerre Il Tribunale amministrativo regionale ha confermato la propria giurisdizione in quanto l’ufficiale non è ancora pensionato, nel quale caso il ricalcolo dell’assegno mensile sarebbe toccato alla Corte dei conti. Per i giudici amministrativi, però, «il servizio prestato per conto dell’Onu nelle zone di intervento determinate dallo Stato Maggiore della Difesa» non si può equiparare ad una campagna di guerra. La legge 390/50, infatti, fa riferimento «alle sole campagne di guerra del periodo 1940 – 1945». Riconoscendo che «il servizio computabile è aumentato di un anno per ogni campagna di guerra riconosciuta ai sensi delle disposizioni vigenti in materia». E se la legge 1746/62 estende «i benefici previsti dalle norme in favore dei combattenti», per ottenere «il riconoscimento della campagna è necessario che le persone di cui all’articolo precedente abbiano complessivamente prestato per ogni anno solare non meno di tre mesi di servizio, anche non continuativo» e se nell’anno solare non si raggiunge «il periodo minimo di cui al comma precedente, ma la partecipazione al ciclo operativo sia continuativa a cavallo di due anni, può essere computato per il riconoscimento di almeno una campagna, il servizio prestato nell’anno successivo, a meno che questo a sua volta non sia di tale durata da comportare il riconoscimento di un’altra campagna. In tal caso verrà riconosciuta solo quest’ultima».
Niente guerra, niente ricalcolo Da qui la decisione del collegio amministrativo che ritiene «del tutto improprio» il riferimento alla legge «trattandosi di normativa il cui ambito di operatività risultava temporalmente circoscritto alle sole campagne di guerra del periodo 1940 – 1945, senza alcuna disposizione che ne estendesse l’applicabilità ad eventuali campagne successive, occorrendo pertanto una specifica disposizione di legge, nella specie mancante». In altre parole: non mancano le norme, manca solo una guerra.