NEPPURE I CARABINIERI HANNO DIRITTO ALL’ARMA IN TUTTE LE SITUAZIONI
Solo mentre è in servizio: quando non svolge attività istituzionali, un Carabiniere può non avere diritto al porto di pistola per difesa personale. Lo ha stabilito il Tar della Calabria che ha rigettato il ricorso di un Vice Brigadiere condannandolo anche alle spese quantificate in euro 1800,00.
L’istanza riguarda il rinnovo della licenza di porto di pistola per difesa personale. L’istante è collocato quale Vice Brigadiere presso la Stazione dei Carabinieri di Lamezia Terme. Il provvedimento di rigetto è motivato sul parere negativo al rinnovo espresso dal Comando Provinciale Carabinieri di Catanzaro, nonché sul fatto che dalle risultanze dell’istruttoria non sono emersi fatti idonei a determinare il persistere della necessità dell’interessato di tutelare la propria incolumità, andando armato, per il soddisfacimento di esigenze di difesa non riconducibili ai propri compiti istituzionali per il cui assolvimento è previsto l’armamento in dotazione. Nel provvedimento di diniego, inoltre, la Prefettura di Vibo Valentia dà atto dell’istruttoria esperita a seguito della presentazione da parte dell’interessato di apposite memorie, risultata confermativa delle determinazioni sfavorevoli, anche alla luce del parere reso dal Comando Provinciale dei Carabinieri di Catanzaro.
In particolare, nel parere si fa presente che le esigenze di difesa personale sono strettamente connesse all’espletamento delle attività istituzionali, per lo svolgimento delle quali l’interessato è dotato esclusivamente e obbligatoriamente della pistola d’ordinanza abbinata, in alcuni casi, a quelle in dotazione al reparto.
L’amministrazione ha fornito idonea motivazione delle ragioni giustificatrici del diniego di rinnovo di porto d’armi, poiché non si è limitata ad affermare genericamente l’insussistenza delle condizioni che avvalorino la necessità di girare armato, ma si è fatta carico di valutare i motivi addotti dall’interessato a supporto della richiesta proroga della sua licenza di porto di pistola per difesa personale.
Diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, secondo il quale l’Amministrazione non avrebbe tenuto conto della natura non genetica della richiesta di porto d’armi, nel provvedimento di rigetto si dà atto della istruttoria espletata e, in particolare, della mancata emersione, al suo esito, di fatti idonei a giustificare il persistere della necessità di dotare l’interessato di porto di pistola per difesa personale al fine di tutelare la propria incolumità, al di fuori delle esigenze strettamente connesse all’espletamento delle attività istituzionali, per le quali è già dotato di pistola d’ordinanza.
L’amministrazione, inoltre, nel prendere in esame le deduzioni presentate dal ricorrente in merito alla prospettata questione del deposito dell’arma in dotazione personale durante la fruizione di congedi o assenza per malattia, riferisce che non risulta che negli ultimi dieci anni il ricorrente si sia assentato dal Reparto per motivi sanitari, né che abbia riportato lesioni o patologie derivanti da causa di servizio che prevedono per l’avvenire concessione di periodi di congedo o assenze dal reparto per malattia.
La motivazione del provvedimento appare adeguata pertanto a descrivere l’iter logico giuridico seguito dall’amministrazione, nei limiti del sindacato consentito al giudice amministrativo su tale provvedimento.