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NAPOLI VIOLENTA. LA POLIZIA: «NOI, I DANNATI DELLE VOLANTI, MORIAMO PER 1300 EURO AL MESE»

Fermi un padre di famiglia che va al lavoro sullo
scooter senza assicurazione e sai che se gli sequestri la moto lo rovini. Vedi
periferie sempre più gonfie di soldi e di miseria, di rabbia e di disperazione
e sai che nulla cambierà. Mille e trecento, mille e quattrocento euro al mese
per rischiare la vita un giorno sì e l’altro pure: ma non è solo questo che fa
male.
Se sei un poliziotto vero più che la povertà è la condanna all’impotenza che
brucia. Perciò non è difficile squarciare il silenzio imposto dal regolamento:
il dolore per un collega in bilico sul filo della vita aiuta a trovare il
coraggio per raccontare. Ed eccola la vita dei dannati delle Volanti, uomini
condannati a vedere il male e a non poterlo curare. Giacomo ha 57 anni e da 22
lavora in un commissariato di periferia. Giorno dopo giorno ha visto la
mutazione genetica della delinquenza: «Oggi ci troviamo di fronte bambini
impazziti che vogliono solo un pezzo di ferro che spara fuoco e che si chiama
pistola – spiega – Pensano di mettere paura, ma non sanno che i criminali veri
non si fanno vedere: usano la violenza il meno possibile e preferiscono far
girare i soldi. Di fronte a queste creature aliene quello della polizia è un
esercito sempre più ridotto: nel mio commissariato dieci anni fa avevamo una
squadra investigativa di dodici persone, adesso siamo in cinque. Quando usciamo
mettiamo insieme quasi tre secoli, e non abbiamo nessuno a cui insegnare il
mestiere: dietro di noi non c’è nessuno. Siamo una polizia geriatrica. I
giovani sono pochi e già sanno che rischiano la vita per niente. Quindi sono
tentati di lasciar perdere, di non giocare una partita che sanno già persa».
Nando è più giovane, ma ugualmente amareggiato. I nuovi poliziotti sono più
istruiti di quelli assunti venti o trenta anni fa: si presentano a un concorso
che richiede la scuola dell’obbligo e in tasca hanno una laurea. Poi montano
sulla volante. Nando ogni giorno setaccia uno di quei quartieri dove si spara
per niente: «Negli ultimi anni le nostre forze, che pure sono scarse, sono
state concentrate nelle zone centrali per evitare i furti e le rapine che fanno
notizia – racconta – e noi delle aree di periferia siamo saliti nella scala del
rischio. Oggi uscire con una sola volante in un quartiere di periferia è
diventato pericolosissimo: dovremmo viaggiare almeno con due macchine, e invece
siamo sempre più soli». Il rischio è un compagno, la paura è un nemico: se ti
distrai sei un uomo morto: «Ma nella vita di ogni giorno non ci accompagna solo
il pensiero della pallottola – continua, ed è ormai un fiume in piena – io temo
soprattutto di combinare guai a livello giudiziario: se fermo una persona e la
porto in ufficio per interrogarla, quella poi magari esce e mi va a denunciare
per tortura psicologica e io non ho i soldi per pagare un avvocato. Dopo Genova
c’è stata una svolta: quegli abusi hanno provocato una reazione. Ed è stato
giusto. Ma se io devo interrogare un delinquente senza fargli pressione, che
cosa pensate che mi dirà?». 

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