Molestie in pattuglia: carabiniera accusa collega “Mi ha toccato più volte, nonostante gli chiedessi di smettere”
Un processo delicato si sta svolgendo a Latina, dove una giovane carabiniera ha denunciato un collega per molestie sessuali e atti persecutori avvenuti durante i turni di servizio. I fatti, riportati da Latina Oggi, si sono consumati nei momenti di pattuglia condivisi, dove la donna sarebbe stata oggetto di avances, contatti fisici non consensuali e comportamenti intimidatori.
Testimonianza a porte chiuse: “Mi ha toccato più volte, nonostante gli chiedessi di smettere”
Durante l’udienza davanti al terzo collegio del Tribunale di Latina, la donna ha chiesto di non incrociare lo sguardo dell’imputato, dichiarando il proprio disagio nel doverlo affrontare in aula. Ha testimoniato dietro un paravento e a porte chiuse, come da sua esplicita richiesta.
Nel suo racconto, ha descritto diversi episodi durante i quali il collega le avrebbe rivolto proposte sessuali in modo insistente, arrivando anche a toccarle la coscia in più occasioni, nonostante i suoi ripetuti inviti a smettere: “Toglila”, gli avrebbe detto più volte, ma il comportamento si sarebbe ripetuto nel tempo.
Dalle avances alle minacce: il clima di pressione psicologica
La testimonianza ha toccato anche i comportamenti ritorsivi messi in atto dopo i suoi rifiuti: il collega avrebbe smetto di salutarla, e in un episodio particolarmente grave, l’avrebbe spinta contro il mitra d’ordinanza. Un gesto che la donna ha definito punitivo, e che si inserisce in un quadro di tensione crescente, accompagnato da messaggi molesti ricevuti sul telefono.
La militare ha parlato di un progressivo deterioramento del suo stato emotivo, culminato in ansia, stress e disagio continuo, tanto da confidarsi con la sua comandante, che notando il cambiamento d’umore ha avviato un procedimento d’ufficio. Da quell’iniziativa è scaturita anche una misura di allontanamento del collega imputato.
La difesa: “Perché non ha chiesto il cambio turno o sporto denuncia?”
La difesa dell’imputato ha posto l’accento su presunte incongruenze nel comportamento della donna. In particolare, si è chiesto perché non abbia mai sporto denuncia formale, né richiesto modifiche ai turni di servizio, se davvero fosse spaventata o oppressa.
I legali hanno anche sollevato dubbi sulla cancellazione di messaggi affettuosi che lei avrebbe inviato al collega, suggerendo che la condotta della parte lesa non apparisse coerente con un reale stato di vessazione. La difesa della carabiniere avrebbe replicato che i turni erano decisi dalla comandante, e che in alcune situazioni si sarebbe sentita costretta a rispondere in modo cordiale a un superiore gerarchico, data anche la differenza di grado.
Prossima tappa: la comandante in aula l’11 settembre
La prossima udienza è fissata per l’11 settembre, quando sarà ascoltata la comandante della stazione, figura centrale nella vicenda, avendo dato il via al procedimento in autonomia. La sua testimonianza potrebbe chiarire molti nodi, soprattutto quelli legati alla credibilità della denuncia e al contesto operativo e gerarchico in cui i fatti si sarebbero svolti.
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