Esercito

Militari manovali e birra in nero: l’inchiesta che travolge il reggimento alpino

L’alba delle perquisizioni

Un nuovo capitolo scuote il Villaggio Alpino “Tempesti” di Corvara. Venerdì scorso, alle prime luci del giorno, la Guardia di Finanza di Bolzano ha bussato di nuovo ai cancelli della caserma. Obiettivo: gli uffici legati al comandante già indagato per peculato e malversazione, ora gravato da un’ulteriore accusa pesantissima, quella di corruzione in atti d’ufficio.


Una notizia che si aggiunge a mesi di denunce, inchieste giornalistiche e verifiche interne dell’Esercito. Ma il vero paradosso è un altro: dopo le rivelazioni di stampa, il comandante è stato trasferito a Brunico. Proprio lì, però, è finito anche il comando della caserma di Corvara, che fino a poco tempo fa dipendeva da Bolzano. Risultato: i militari che lo hanno denunciato si trovano ancora, indirettamente, sotto la sua giurisdizione.

“Il primo che parla lo sputtano”

Il clima all’interno della base era diventato insostenibile. In alcuni audio agli atti dell’inchiesta il comandante si vantava: “Io faccio il c… che voglio”, “Il primo che parla lo sputtano”. Un linguaggio che conferma le testimonianze raccolte dai militari, che descrivono un’atmosfera da caserma di Full Metal Jacket, con insulti quotidiani e minacce di trasferimento per chi osava ribellarsi.

La beffa del trasferimento

Gli accusatori parlano apertamente di beffa.
«Ringrazio per la determinazione con cui l’autorità giudiziaria e la Guardia di Finanza stanno procedendo – ha dichiarato l’avvocata Maria Paola Marro, che difende i militari denunciatari – ma non posso non sottolineare lo stupore e il rammarico per ciò che è accaduto dopo le denunce».
Il paradosso, secondo la legale, è che l’ufficiale indagato «continua a ricoprire formalmente l’incarico di comandante della base di Corvara, mentre a Brunico percepisce una consistente indennità di missione a spese dello Stato, svolgendo esattamente le stesse mansioni che hanno dato origine al procedimento penale».

Militari ridotti a muratori

Dietro gli insulti, le accuse raccontano molto di più. Soldati costretti a comportarsi da operai edili per rifare pavimentazioni destinate agli ospiti, mentre le ditte amiche intascavano comunque i fondi pubblici. In un caso, 24mila euro sarebbero stati versati a un’impresa per lavori realizzati quasi interamente dai militari stessi.
Non mancava un piccolo business “in nero”: nello spaccio della caserma compariva una spillatrice di birra privata, con boccali venduti a 5 euro senza scontrino. Gli incassi? Raccolti in una busta gialla con la scritta “birra”.

La sala massaggi personale

Secondo le denunce, la sala fisioterapica destinata agli atleti era stata trasformata in una stanza per massaggi privati del comandante. L’accesso era riservato a lui e a una militare alpina costretta a occuparsi dei trattamenti. Non solo: ai soldati veniva imposta una reperibilità continua, dalle albe passate a spalare neve alle estati trascorse a sorvegliare ospiti civili, senza indennità né riconoscimenti.

Un “Imperatore” con coperture

A rendere il clima ancora più opprimente era il continuo riferimento a presunte protezioni istituzionali. Secondo i testimoni, il comandante vantava amicizie tra magistrati e ribadiva di essere “intoccabile”. Tra i militari, il soprannome più diffuso era uno solo: “l’Imperatore”.

Un’inchiesta che si allarga

La procura di Bolzano aveva già contestato peculato e malversazione. La scorsa settimana il fascicolo si è arricchito di nuove accuse: corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio e frode nelle forniture pubbliche. L’Esercito, dal canto suo, ha aperto un’indagine interna, garantendo “piena collaborazione con la magistratura”.
Ma resta l’anomalia: Corvara, prima sotto Bolzano, oggi dipende da Brunico. E quindi, indirettamente, sempre dal comandante indagato. Un cortocircuito che rischia di minare la fiducia dei militari nelle istituzioni e che lascia irrisolte le paure di chi, con coraggio, aveva denunciato.


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