Politica

Meloni: “Luogotenente Masini deve avere un encomio. L’Arma paghi le spese legali”

La Cronaca dei Fatti e la Posizione del Governo

“C’è un signore che accoltella quattro innocenti e poi si avventa su un carabiniere. La prontezza del maresciallo Luciano Masini fa sì che salva la vita sua e dei colleghi ed evita altri accoltellamenti – è la netta presa di posizione del premier Giorgia Meloni nel corso della conferenza stampa di oggi, parlando dell’uccisione di Muhammad Sitta, 23 anni –. Poi il carabiniere viene indagato. Ho chiesto all’Arma di sostenere le spese legali per la difesa di Marini e intendo chiedere al generale Luongo di conferirgli un riconoscimento per il suo valore lui ha fatto il suo lavoro”.

Gli Atti Dovuti e le Preoccupazioni Istituzionali

La premier Meloni prende dunque una posizione netta sul caso del carabiniere indagato per eccesso di legittima difesa: la notte di capodanno, nel Riminese ha sparato e ucciso un uomo che lo stava aggredendo dopo aver ferito a coltellate quattro persone. L’iscrizione del militare nel registro degli indagati – sostiene la procura – “è un atto dovuto, indispensabile per fare piena luce su quanto successo la notte di Capodanno”.

“Dobbiamo porci il problema che le forze dell’ordine temono di aver fatto il proprio lavoro, ed entrano in un calvario. Un approfondimento va fatto, per mettere fine a un fenomeno che abbiamo visto varie volte”, incalza Meloni.

Il Cortocircuito Istituzionale

In un Paese normale, un premier non dovrebbe “chiedere” all’Arma dei Carabinieri di fare ciò che dovrebbe essere automatico. Un militare che rischia la vita per fermare una strage non dovrebbe attendere l’intervento della politica per ricevere il sostegno dell’istituzione che serve. È paradossale che debba essere Palazzo Chigi a “suggerire” procedure che dovrebbero scattare per prassi consolidata: il sostegno legale e il riconoscimento al valore. Questa “intercessione” del premier, per quanto ben intenzionata, è il sintomo di un cortocircuito istituzionale che meriterebbe ben altre riflessioni. Perché un Paese maturo non ha bisogno di input politici per difendere chi lo difende.

L’Ingerenza Politica e i Suoi Rischi

E qui sta il punto: l’intervento della Meloni, benché mosso da comprensibile solidarietà, rappresenta un’ingerenza che rischia di minare l’autonomia dell’Arma. La vera domanda dovrebbe essere: perché questi meccanismi di tutela non sono scattati automaticamente? Invece di annunci pubblici e “ordini” dall’alto, servirebbe un’analisi seria delle procedure interne. Trasformare atti dovuti in concessioni politiche è un precedente pericoloso, che confonde le responsabilità e indebolisce proprio quelle istituzioni che si vorrebbero difendere.

La Necessità di una Riforma Strutturale

La tutela degli operatori delle forze dell’ordine non può essere affidata ai desiderata dell’ultimo minuto o alle improvvisate “soluzioni creative” di chi dovrebbe invece conoscere l’ABC della contabilità pubblica. È fin troppo facile fare la parte dei premurosi suggerendo all’Arma di pagare, come se il bilancio militare fosse un salvadanaio personale da cui attingere a piacimento.

Le Criticità del Sistema Attuale

Servono stanziamenti concreti, non pacche sulle spalle. E soprattutto serve che chi governa comprenda che la tutela di chi rischia la vita per la sicurezza di tutti non può essere gestita con l’improvvisazione. Se si vuole davvero tutelare chi veste una divisa, la strada è una sola: una normativa chiara che preveda la copertura automatica delle spese legali per fatti di servizio, con tanto di capitolo di bilancio dedicato e procedure trasparenti.

Ma forse è più comodo fare proclami che studiare le leggi di bilancio e la contabilità pubblica. Peccato che con i proclami non si paghino le spese legali.

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