Marina militare

MARINAIO MORTO SULLA VESPUCCI, COSÌ SONO CAMBIATI I DISPOSITIVI DI SICUREZZA

(di Corrado Ricci) – In 87 anni si onorata carriera della nave scuola Amerigo Vespucci mai, prima del 24 maggio del 2012, era successo che un nocchiere o un allievo dell’Accademia navale perdesse la vita precipitando dalle alberature del veliero-ambasciatore dell’Italia sul mare. Capitò al povero Alessandro Nasta, 29 anni, impegnato (smontante dalla guardia ma volontario) nelle manovre: cadde sul ponte da 15 metri di altezza, mentre la nave era in navigazione al largo di Civitavecchia; lì ora è ora in corso il processo sulle responsabilità relative alla mancata adozione, all’epoca, dei sistemi di ritenuta degli acrobati del mare. Sistemi subentrati solo dopo la tragedia.

Ne hanno parlato alcuni nocchieri, compagni di Alessandro, spiegando come, al netto del rigoroso addestramento e delle verifiche preventive per adoperarsi alle manovre, quali fossero i dispositivi in funzione prima e dopo, e il loro stesso impiego operativo. “Un tempo salivamo sugli alberi, attraverso le griselle (le ’scale’ costituite da cavi d’acciaio fissati ai bordi della nave), assicurandoci di volta in volta col moschettone posto sul capo della cima di trattenuta collegata all’imbragatura. Spesso nemmeno ci agganciavamo, per salire veloci e fronteggiare con rapidità le necessità di manovra. Ora il moschettone resta sempre assicurato ad una linea-vita che corre parallela; in caso di caduta, oltre ad essere trattenuti, entra in scena un ammortizzatore”, ha spiegato, in sostanza, un nocchiere.

Un altro ha puntualizzato: “Prima, in determinati passaggi, come quello in coffa (all’incrocio fra alberi e pennoni), quello dal quale è precipitato Alessandro, non c’era modo di assicurarsi, Ora sono stati approntati dei tientibene”. Da parte loro solo un racconto; nessuna valutazione di merito sulle premure adottate dalla Marina dopo la tragedia. Premure che, secondo l’accusa sostenuta dal pm Gianfranco Amendola, dovevano entrare obbligatoriamente in funzione prima, come conseguenza della legge sulla sicurezza dei lavori in quota, risalente al 2008.

Il percorso era stato abbozzato ma era stato rallentato dalla forza tradizione, nel riconoscimento della prassi diffusa nelle navi-scuola a vela di tutte le nazioni, là dove è motivo di vanto operare ora come all’epoca epica dell’antica marineria a vela. Una sorta di deroga non codificata. Sui rapporti fra forza della consuetudine mirata, contenuti generali della legge, peculiarità del lavoro sul Vespucci si giocheranno le sorti processuali degli imputati eccellenti: l’allora comandante Domenico La Faia e i superiori, con capacità dispositiva sullo stesso: gli ex capi di stato maggiore della Marina Giuseppe De Giorgi (all’epoca capo della Squadra navale), Luigi Binelli Mantelli, tutti accusati di concorso in omicidio colposo.

Prossima udienza a maggio. Intanto le foto dei dispositivi di sicurezza dei nocchieri (di ieri e di oggi) i sono stati depositati nel fascicolo processuale su istanza dell’avvocato Giorgio Carta, legale delle parti civile costituite nel processo: i familiari di Alessandro e il Partito per la tutela dei diritti dei militari attraverso il segretario Luca Marco Comellini. (La Nazione)

Lascia un commento

error: ll Contenuto è protetto