Marina Militare: in azione 500 militari per proteggere gasdotti e cavi sotterranei nel Canale di Sicilia
Giorno e notte, sono ormai 500. Uomini e donne della Marina militare in azione per la vigilanza, il pattugliamento e la necessità di scandagliare ogni zona a rischio del canale di Sicilia. Una mobilitazione mai vista prima. Capacità operative al massimo sforzo per prevenire e impedire attacchi, incidenti o insidie già accertate. La presenza di un sottomarino russo nelle nostre acque è nota da un pezzo. Altre unità di Mosca nel Mediterraneo le abbiamo da tempo messe sotto controllo. L’allerta tuttavia si è innalzata. Dopo l’attacco al gasdotto Nord Stream nella notte del 26 settembre.
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Un piano rafforzato
Già ai primi di agosto l’operazione “Mare sicuro” è stata mutata in “Mediterraneo sicuro” con un ampliamento dell’area di intervento. Una scelta strategica della Difesa – il ministro Lorenzo Guerini, il capo di Smd Giuseppe Cavo Dragone e il numero uno della Marina Enrico Credendino – perché ha messo in gioco tutte le forze del cosiddetto strumento marittimo nazionale. In un terreno operativo multidimensionale: mare, cielo, fondali. In campo tre unità navali, una decina di veicoli subacquei, le forze speciali del Comsubin, aerei ed elicotteri della Marina. Al comando operativo della Squadra navale.
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I gasdotti sotto sorveglianza
Trasmed è il gasdotto che collega l’Algeria tramite la Tunisia. Greenstreem garantisce la connessione con la Libia. Tap assicura il flusso del gas dall’Europa orientale e corre sotto l’Adriatico, in prossimità del canale d’Otranto, tra le coste pugliesi e quelle dell’Albania. La Marina deve intercettare e sorvegliare attività sospette di mezzi con identità ignota o non autorizzati dallo stato di appartenenza. Più la ricognizione sistematica dei fondali dove passano i gasdotti. In azione i cacciamine – di base al porto di La Spezia ce ne sono dieci – dotati di sonar e di Rov (remotely operated vehicles), veicoli filoguidati subacquei dotati di sistemi acustici e telecamere. Possono arrivare fino a 2mila metri di profondità. Abbiamo il Pegaso e il Perseo, di produzione americana. Ma anche il Pluto Gigas e il MultiPluto, fatti in Italia dalla Gaymarine, eccellenze tecnologiche made in Italy.
Azione militare integrata
Sulle unità navali, cacciatorpediniere e fregate, sono imbarcati i leggendari specialisti del Comsubin, subacquei e incursori della Marina militare. Più gli elicotteri della stessa forza armata insieme ai velivoli di pattugliamento marittimo P-72 dell’Aeronautica militare, tutto sotto la gestione del comando della Squadra navale. Un’azione combinata: i velivoli si focalizzano soprattutto su quanto è visibile dall’alto, gli elicotteri possono investigare anche lo spazio subacqueo utilizzando sonar e boe sonore di tipo attivo o passivo.
Sono dispositivi e dispiegamenti di mezzi e uomini già utilizzati da tempo. Sia in queste formazioni, sia in contesti multinazionali dell’Alleanza Atlantica. La Nato impiega di solito due gruppi navali con queste capacità. Formati da navi rese disponibili dai paesi membri, compresa l’Italia, dislocati in genere uno nell’area del Nord Europa e l’altro nel Mediterraneo e Mar Nero.
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La priorità della sorveglianza subacquea
I gasdotti, i cavi telefonici, le reti di trasmissione digitale: infrastrutture con enormi articolazioni sottomarine, strategiche e critiche. Oggi più che mai rivelano tutta la loro esigenza di sorveglianza massima per motivi di sicurezza nazionale. C’è persino chi evoca attacchi russi ai cavi subacquei al largo delle coste irlandesi dove passa il 97% dei dati della rete internet d’Europa. Quando è stato al vertice della Marina, Cavo Dragone insieme al rafforzamento del piano di vigilanza marittima aprì un dossier delle esigenze operativa per un sistema integrato di sorveglianza subacquea. Dopo gli attacchi al gasdotto Nord Stream, quel progetto rivela tutta la sua urgente necessità.