Maresciallo della guardia di Finanza si fa corrompere dall’imprenditore su cui stava indagando, condannato
Un maresciallo della guardia è stato condannato a 5 anni di reclusione per “induzione indebita a dare o promettere utilità”. Secondo quanto ricostruito dalla Procura di Brescia, si sarebbe fatto pagare 50mila euro in contanti dall’imprenditore Giuseppe Bellini, uno dei 38 indagati per una multimilionaria frode fiscale Iva. In cambio, il militare aveva promesso che avrebbe tenuto fuori da questa storia le figlie di Bellini e che avrebbe ridimensionato gli elementi a suo carico.
Oltre all’arresto, sono stati sequestrati al maresciallo i 50mila euro consegnati dall’imprenditore e altri beni dal valore stimato di 473mila euro, ritenuti sproporzionati ai suoi redditi legali.
Il maresciallo era al servizio della Procura di Milano ed era uno degli inquirenti dell’indagine su una frode fiscale. Condotta dal pm milanese Maurizio Ascione, aveva portato all’iscrizione nel registro degli indagati 38 persone. Nel frattempo, però, la procura di Brescia, in particolare i pm Claudia Moregola e Paolo Savio, stavano svolgendo delle ricerche parallele sui contatti tra uno degli indagati e un maresciallo della Finanza.
Grazie a pedinamenti e intercettazioni, si era capito che il Maresciallo si era concordato con Bellini per il pagamento di due rate da 15mila euro, già consegnate, e per una finale da 20mila. In cambio di questo denaro, il maresciallo si impegnava a non denunciare anche le figlie dell’imprenditore, a risparmiargli nell’informativa al pm l’imputazione di associazione a delinquere e a contestargli gli addebiti fiscali in un modo che lasciasse spazio alla sua difesa tecnica.
L’arresto e la condanna con rito abbreviato
A quel punto, era stata organizzata una trappola per arrestare il finanziere. Con un posto di blocco al casello autostradale, il maresciallo è stato fermato appena dopo la consegna dei 20mila euro. L’arresto risale al 22 giugno scorso e i due, poi, hanno iniziato ad accusarsi a vicenda su di chi sia stata quell’idea.
Alla vigilia di Pasqua, quindi sabato 8 aprile, il Tribunale di Brescia ha condannato in rito abbreviato il finanziere a 5 anni di reclusione e alla confisca non solo dei 50mila euro, ma anche di beni stimati per 473mila euro. L’accusa è di “induzione indebita a dare o promettere utilità”, ravvisando al finanziere una pressione morale esercitata sull’imprenditore dalla posizione di superiorità, essendo suo inquirente.
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