Livorno, Lucia Rappelli è la prima donna in Marina col grado di capitano di vascello
Il Duemila fu un anno importante per le donne che aspiravano (ed aspirano) ad entrare nelle Forze Armate. Infatti con la legge 380 dell’anno precedente la Marina Militare, l’Esercito, l’Aeronautica, i Carabinieri e la Guardia di Finanza aprirono le porte al personale femminile. Da allora migliaia di ragazze hanno indossato e indossano la divisa. Restando nel mondo della Marina Militare, proprio in questi giorni a Livorno un ufficiale donna, per la prima volta e finora unica in tutta la Forza Armata, ha indossato i gradi da Capitano di Vascello. L’ufficiale si chiama Lucia Rappelli, medico, massese di nascita, ma ormai da oltre vent’anni livornese di adozione sia per lavoro che per matrimonio (il marito si chiama Andrea Faucci, è livornese, ed è anche lui ufficiale medico della Marina). Specializzata in gastroenterologia, il C.V. (SAN) Rappelli lavora attualmente nel centro sanitario interno all’Accademia Navale.
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Comandante Lucia Rappelli, cosa si prova ad essere la prima donna della Marina Militare a indossare i gradi da capitano di vascello?
«Quando il Comandante dell’Accademia Navale Contrammiraglio Lorenzano Di Renzo mi ha comunicato il passaggio di grado a Capitano di Vascello ho provato un’emozione fortissima e un grande orgoglio per appartenere all’equipaggio della Marina Militare e per il percorso professionale fatto sino ad ora».
In qualche modo lei è una pioniera: è stata una delle prime donne medico in Marina e a sposarsi in divisa. Cosa ricorda del suo matrimonio e soprattutto del clamore mediatico che suscitò, arrivando perfino in televisione?
«L’approvazione della legge n. 380/1999 ha consentito l’ingresso delle donne nelle Forze Armate e mio marito, all’epoca Tenente di Vascello (Sanità) Andrea Faucci, mi informò della possibilità di partecipare al bando. Nell’agosto 2000, in veste di vincitore di concorso, varcai il cancello dell’Accademia Navale intraprendendo il mio iter di formazione come nomina diretta medico con la partecipazione della prima aliquota di personale di sesso femminile. L’8 ottobre 2000 indossai per la prima volta la divisa ordinaria invernale proprio in occasione del nostro matrimonio. L’evento suscitò clamore mediatico per la curiosità di una sposa con le “stellette”, al punto che fuori dalla chiesa trovai anche giornalisti, oltre ad amici e colleghi. Dopo la cerimonia, svolta con il tradizionale abito bianco, ho effettuato un cambio per il tipico ‘ponte di sciabole’ dei colleghi, attraversato in divisa con mio marito».
Lei, specializzata in gastroenterologia, esercitava già prima di entrare in Marina. Cosa significa una professione come la sua all’interno di una Forza Armata? Dal punto di vista strettamente medico, anche per quanto riguarda le specializzazioni, ci sono differenze fra chi esercita da civile e chi indossa i gradi?
«Prima di entrare nella Marina Militare, lavoravo come specializzando in gastroenterologia presso l’Università di Pisa. La professione di medico specialista è la medesima sia in ambito civile che militare. Gli elementi necessari per esercitare questa professione sono la passione per la medicina, la determinazione e la dedizione nella cura e nel rispetto del paziente che si ha di fronte. La responsabilità medica è cogente sia in ambito civile che militare, ma la differenza sta nella peculiarità di esercitare la professione di medico in un contesto ricco di valori, storia e tradizioni che questa scelta di vita offre».
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Quali sono state le tappe della sua carriera e i suoi principali incarichi?
«Al termine degli studi in Accademia, la mia prima destinazione fu l’Ospedale Militare della Spezia in qualità di addetto al reparto di endoscopia digestiva. Successivamente ho ricoperto l’incarico di Capo Servizio Sanitario di nave Ardito e di molte altre unità navali in occasione di temporanei imbarchi e successivamente una lunga permanenza in Accademia Navale. Durante il periodo pandemico, sono stata impegnata nelle Operazioni Igea ed Eos per le vaccinazioni Covid-19 a favore della popolazione delle Isole dell’Arcipelago Toscano in collaborazione con il Servizio Sanitario Nazionale. Sono partita con il team sanitario dell’Accademia Navale riuscendo a vaccinare tutti gli abitanti delle Isole in tempi ridotti rispetto alle previsioni e raccogliendo cosi la riconoscenza da parte degli isolani».
Come venne accolta, ormai oltre vent’anni fa, in un ambiente completamente maschile? E cosa è cambiato in questo periodo durante il quale la presenza femminile si è consolidata? Quali consigli potrebbe dare ad una giovane ragazza che vuole diventare medico e ufficiale della Marina Militare?
«Dopo un breve periodo di assestamento, dovuto all’appena autorizzato ingresso delle donne nelle Forze Armate, l’ambientamento non è stato affatto problematico. Sono trascorsi circa 23 anni dal lontano 2000 e da allora ci sono stati molti cambiamenti, sia sul versante operativo che su quello organizzativo. In questi anni è stato sviluppato un modello di reclutamento che può essere considerato tra i più avanzati come garanzia di parità, perché ammette le donne a tutti i ruoli e a tutte le categorie senza preclusioni di incarichi e di impiego. Negli anni della formazione e dell’addestramento non sussistono differenziazioni tra uomini e donne in quanto tutto il personale frequenta i medesimi corsi presso gli istituti militari e consegue gli stessi livelli professionali. Indossare la divisa di ufficiale e quella di medico è una scelta di vita che coinvolge anche le nostre famiglie. È un particolare modo di vivere che richiede costante impegno sia per le attività. Ma è anche orgoglio: quello di salvare una vita umana vestendo una divisa che rappresenta insieme tradizione e innovazione, come si è visto durante la recente pandemia, dove i medici in divisa hanno salvato migliaia di vite tra bambini, donne e uomini dando supporto nelle terapie intensive o vaccinando o facendo tamponi o allestendo ospedali da campo a supporto della popolazione e della sanità civile. Cosa consiglierei a una giovane ragazza che vuole diventare medico e ufficiale della Marina? Direi che se è appassionata, di mare e di medicina, questo è il posto giusto, dove esprimere la professionalità e la dedizione alla Marina con un pizzico di umanità che per un medico è fondamentale».
Ma torniamo alla famiglia. Come. lei e suo marito, avete conciliato due vite da ufficiali?
«La famiglia mi ha trasmesso dei valori come la lealtà, l’onestà e il rispetto che ho ritrovato in questa Forza Armata e che sono solo alcune delle tante qualità necessarie per diventare un buon ufficiale. Mio marito ed io ci siamo supportati e aiutati negli importanti compiti di ufficiali della Marina e di genitori».
Lei è madre di due figli, com’è stato crescerli visti gli impegni professionali di entrambi i?
«Il connubio tra impegni professionali e familiari talvolta non è stato semplice e siamo dovuti ricorrere qualche volta al supporto dei nonni e anche ad aiuti esterni al nucleo familiare per i nostri figli, Alice che ha 17 anni e Nicolò di 12. È capitato a volte che gli impegni di servizio si siano sovrapposti ad una recita scolastica o ad un colloquio con un docente, ma sono cose che capitano in tutte le famiglie dove entrambi i genitori lavorano».
I suoi figli sceglieranno professioni diverse oppure anche loro hanno fatto un pensierino per studiare medicina ed entrare in Marina?
«I nostri figli sono cresciuti con lo spirito di servizio di un ‘marinaio’ ma anche se potrebbe essere prematuro parlare con certezza delle loro scelte, sono entrambi studiosi e determinati come mamma e papà. Cerchiamo di non condizionare le loro scelte di vita, cercando allo stesso tempo di valorizzare le loro inclinazioni naturali».
Donna, mamma, medico, ufficiale… Quanto la professione incide sul privato?
«La mia giornata è davvero intensa come del resto quella di tutte le persone che sono impegnate su più fronti. Quando mi tolgo la divisa, sono una persona comune, che si diletta a cucinare e ad occuparsi della casa, del giardinaggio e della famiglia. Ho poco tempo da dedicare a me stessa ma cerco di ritagliarmene un po’ per la mia passione che è il canto lirico».
Dopo il grado da capitano di vascello c’è quello da contrammiraglio: la ritroveremo fra qualche anno, è un augurio, con le greche sulla giacca?
«Se dovesse arrivare un altro traguardo questo sarà molto gradito, nel frattempo non cambia l’impegno nello svolgimento del mio lavoro e l’orgoglio nell’indossare questa divisa».
di Elisabetta Arrighi per il Tirreno
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