La Siria denuncia attacchi missilistici israeliani sugli aeroporti di Damasco e Aleppo mentre cresce il timore di un conflitto regionale
Aumentano i rischi di un allargamento del conflitto tra Israele e Hamas dopo l’attacco condotto dai militanti armati appartenenti al movimento al potere nella Striscia di Gaza lo scorso 7 ottobre. Giovedì, l’emittente di Stato siriana ha riferito che Israele ha colpito gli aeroporti della capitale Damasco e Aleppo.
Finora non ci sono conferme da parte delle autorità israeliane. L’emittente siriana Sham FM ha affermato che le difese aeree siriane ha risposto all’attacco missilistico, precisando che sono stati registrati danni sull’aeroporto di Aleppo, senza però fornire informazioni sulla situazione nell’aeroporto di Damasco.
L’attacco è avvenuto, secondo l’agenzia di stampa siriana Sana, intorno alle 14:50 (ora locale), mentre il ministro degli Esteri iraniano, Hossein Amirabdollahian, ha dato il via oggi a un tour regionale con tappe, in Iraq e Libano.
In base ai dati aeroportuali e di monitoraggio del traffico aereo, un volo di linea da Teheran a Damasco operato dalla compagnia iraniana Maham Air è stato costretto a cambiare rotta a seguito dell’attacco dopo aver già attraversato lo spazio aereo siriano.
Il presunto attacco israeliano sugli aeroporti di Damasco e Aleppo giunge mentre aumentano i timori di un allargamento del conflitto in caso di un’offensiva di Israele nella Striscia di Gaza.
Martedì 10 ottobre, sia dal Libano che dalla Siria sono stati lanciati missili e colpi di artiglieria contro Israele. In una nota le forze di difesa israeliane hanno affermato che 15 razzi sono stati lanciati dal Libano verso la Galilea occidentale, facendo scattare le sirene in diverse città. Quattro proiettili sono stati intercettati dal sistema di difesa aerea Iron Dome, mentre il resto è precipitato in aree aperte, senza causare danni o feriti. La Siria ha invece colpito con colpi di artiglieria le postazioni israeliane sulle alture del Golan anche in questo caso senza provocare danni, secondo le autorità militari israeliane.
L’appello di Hamas al mondo islamico
Ad alimentare i timori di un potenziale allargamento del conflitto anche l’appello dell’ex leader di Hamas Khaled Meshaal ad organizzare proteste in tutto il mondo musulmano venerdì a favore del popolo palestinese.
“[Dobbiamo] andare nelle piazze e nelle strade del mondo arabo e islamico venerdì”, ha affermato Meshaal, che attualmente dirige l’ufficio della diaspora di Hamas a Doha, in Qatar. Meshaal ha affermato che i governi e i popoli di Giordania, Siria, Libano ed Egitto hanno il dovere più grande di sostenere i palestinesi.
“Tribù della Giordania, figli della Giordania, fratelli e sorelle della Giordania… Questo è un momento di verità e i confini sono vicini a voi, conoscete tutti la vostra responsabilità”, ha detto Meshaal.
La Giordania e il Libano ospitano il maggior numero di rifugiati palestinesi. “Per tutti gli studiosi che insegnano la jihad… per tutti coloro che insegnano e imparano, questo è il momento per l’applicazione (delle teorie)”, ha detto Meshaal.
L’appello di Meshaal è giunto mentre Israele sta preparando la sua risposta di all’attacco senza precedenti di Hamas nel sud dello Stato ebraico del 7 ottobre, in cui hanno perso la vita almeno 1.200 persone, in gran parte civili, con i miliziani che hanno preso in ostaggio oltre 100 persone. Nei giorni successivi all’attacco di Hamas Israele ha dato il via a raid aerei nella Striscia di Gaza che hanno provocato 1.417 morti e oltre 6.000 feriti, secondo il ministero della Sanità di Gaza.
Il sostegno degli Stati Uniti e la minaccia dei gruppi armati sciiti
Dopo il discorso a sostegno di Israele pronunciato mercoledì dal presidente degli Stati Uniti Joe Biden che ha paragonato Hamas allo Stato islamico, giovedì è giunto in visita nel Paese il segretario di Stato americano Antony Blinken per mostrare la vicinanza e la cooperazione tra i due storici alleati.
Nella conferenza stampa congiunta con il premier israeliano Benjamin Netanyahu, Blinken ha affermato che per gli attacchi di Hamas contro Israele “non c’è alcuna giustificazione. Chiunque voglia la pace e giustizia deve condannare Hamas”.
Secondo il segretario di Stato Usa Hamas “ha un solo programma, distruggere Israele e uccidere gli ebrei” e “non rappresenta il popolo palestinese e le sue legittime aspirazioni alla sicurezza, libertà, giustizia, opportunità e dignità”.
Blinken ha affermato che Israele è abbastanza forte per difendersi da solo, ma non dovrà farlo “finché esisteranno gli Stati Uniti”.
Gli Stati Uniti hanno iniziato a spostare navi da guerra e aerei nella regione per essere pronti a fornire a Israele il proprio sostegno in caso di attacco. Washington ha annunciato l’invio nel Mediterraneo orientale della portaerei Gerald Rudolph Ford, considerata la più potente al mondo, mentre un secondo gruppo d’attacco di portaerei statunitensi partirà venerdì da Norfolk, in Virginia. Le forze per le operazioni speciali stanno già ora assistendo l’esercito israeliano nella pianificazione e nell’intelligence.
L’annuncio di un sostegno militare da parte degli Stati Uniti a un eventuale attacco israeliano ha spinto i gruppi armati sciiti in Iraq a minacciare di prendere di mira gli asset statunitensi presenti nel Paese. Secondo quanto riporta il sito Amwaj.media, anche il movimento sciita yemenita Ansarullah, meglio noto come Houthi, ha dichiarato che risponderà se gli Stati Uniti intervengono a Gaza.
L’Arabia Saudita si consulta con l’Iran
L’attacco condotto da Hamas contro Israele ha riacceso il conflitto israelo-palestinese facendo tramontare, almeno per il momento, i tentativi degli Stati Uniti di avviare a una normalizzazione delle relazioni tra l’Arabia Saudita e lo Stato ebraico i cui negoziati sarebbero stati in dirittura d’arrivo. Poche settimane prima dell’attacco di Hamas, lo scorso 26 settembre, il ministro del Turismo israeliano Shlomo Karhi si è recato in Arabia Saudita per partecipare a un evento organizzato dalle Nazioni Unite, primo esponente di un governo israeliano a visitare il Paese.
Con la ripresa del conflitto e di una ancora imprevedibile risposta dello Stato ebraico, che intanto ha cinto letteralmente d’assedio la Striscia di Gaza, l’Arabia Saudita si è unita al coro delle condanne per gli attacchi israeliani contro la popolazione palestinese e ha rilanciato ulteriormente i suoi rapporti con lo storico rivale Iran.
Secondo quanto riferito dall’agenzia di stampa saudita SPA, il presidente iraniano Ebrahim Raisi e il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman hanno discusso mercoledì del conflitto israelo-palestinese, nella prima telefonata tra i due leader dopo l’accordo mediato dalla Cina tra Teheran e Riad per la ripresa dei rapporti lo scorso marzo.
Raisi e il principe ereditario saudita hanno discusso della “necessità di porre fine ai crimini di guerra contro la Palestina”, hanno riferito i media statali iraniani.
Il principe ereditario saudita, da parte sua, “ha affermato che il Regno sta facendo tutti gli sforzi possibili per comunicare con tutte le parti internazionali e regionali per fermare l’escalation in corso”, ha detto l’agenzia di stampa statale saudita.
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