La lezione di equilibrio di Mattarella: sicurezza condivisa e rispetto dei diritti fondamentali. Un abbraccio ideale alle nuove generazioni contro autoritarismi e violenze
(Guglielmo Picciuto – Delegato Co.Ce.R. della Guardia di Finanza) – Lo scorso 23 febbraio il Presidente delle Repubblica, Sergio Mattarella, incontrando al Quirinale un gruppo di studenti, rispondendo ad alcune delle loro domande ha, tra l’altro, detto: “Si assiste ad un’intollerabile serie di manifestazioni di violenza: insulti, volgarità di linguaggio, interventi privi di contenuto ma colmi di aggressività verbale, perfino effigi bruciate o vilipese, più volte della stessa Presidente del Consiglio, alla quale va espressa piena solidarietà. Il confronto politico, la contrapposizione delle idee e delle proposte, la competizione, anche elettorale, ne risultano mortificate e distorte. Ne viene travolta la dignità della politica che scompare, soppiantata da manifestazioni che ne rappresentano la negazione. Mi auguro che la politica riaffermi sempre e al più presto la sua autenticità, nelle sue forme migliori.”
A seguito della manifestazione studentesca di Pisa, il 24 febbraio il Presidente Sergio Mattarella, dopo aver sentito il ministro Piantedosi, intervenne con un suo comunicato nel quale espresse il proprio pensiero: “Il Presidente della Repubblica ha fatto presente al Ministro dell’Interno, trovandone condivisione, che l’autorevolezza delle Forze dell’Ordine non si misura sui manganelli ma sulla capacità di assicurare sicurezza tutelando, al contempo, la libertà di manifestare pubblicamente opinioni. Con i ragazzi i manganelli esprimono un fallimento”.
Due interventi di grande equilibrio, nella loro sinteticità, ma soprattutto di importante riflessione e approfondimento, pronunciate con la saggezza che da sempre ha contraddistinto il nostro Presidente.
In merito agli specifici episodi di Pisa, che hanno avuto grande risalto mediatico e sono tuttora oggetto di dibattito pubblico, le chiare e condivisibili parole del Presidente Mattarella hanno suscitato diffusi apprezzamenti e condivisioni, ma anche qualche distinguo. Al di là di incomprensioni e polemiche sterili, il Presidente non ha mai espresso alcuna critica generalizzata, dimostrando sempre un sostegno convinto alle forze di polizia, come ha fatto nel caso di quanto avvenuto davanti ad un commissariato di Polizia a Torino.
Il ricorso alla “forza” è una prerogativa concessa dalla Legge alle forze di polizia, ma solo quando essa è assolutamente necessaria e invece, nel caso degli studenti di Pisa, bisogna riconoscere che questa volta è apparsa sproporzionata, in relazione a quanto emerso dalle immagini sui media. Difatti, il portavoce dell’Associazione funzionari di polizia, dopo le parole del Presidente, ha tra l’altro dichiarato “Quello che più ci addolora è la politicizzazione che si sta facendo del nostro corpo. Se ci sono stati degli errori operativi, di gestione o di valutazione per quanto riguarda quella manifestazione, è giusto approfondire con un’inchiesta, che già mi risulta stia per iniziare….E anche se da un lato è mancato il preavviso e la possibilità di dialogo, ciò non ci esime da fare un’autocritica profonda e autentica per quello che riguarda gli aspetti operativi”.
Lo stesso Segretario generale del SIULP, Felice Romano, si è espresso nell’affermare, tra l’altro: “Faccio mio il monito del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella: l’autorevolezza di una forza di polizia non si misura con le manganellate ma con la capacità di dialogo e di risoluzione dei problemi…A Pisa abbiamo perso tutti».
Quanto accaduto infatti, rischia di far perdere autorevolezza, ha osservato il Presidente Mattarella, preoccupato che dagli errori di pochi si possa creare un danno alla credibilità ed all’impegno di tutte le forze di polizia, quali garanti operativi della sicurezza dei cittadini. Ma il Presidente è riuscito a toccare in profondità le corde dell’animo, risvegliando le coscienze e l’impegno di tutti noi, quando ha parlato di fallimento.
Quando una società o i suoi corpi intermedi usano la forza per fermare un gruppo di giovanissimi, vuol dire che si viene a creare una frattura nel rapporto con le nuove generazioni. Non è un problema che appartiene ad una parte sociale ma a tutti noi, soprattutto a coloro che come me provengono da una generazione novecentesca, che non ha fatto tesoro del passato e non è capace di dialogare con quei ragazzi che saranno il futuro del nostro Paese.
Le forze politiche, senza alcuna distinzione o divisione ideologica, avrebbero dovuto fare autocritica e confrontarsi con questo fallimento, cercando di intercettare i bisogni di questi ragazzi e individuare responsabilmente delle soluzioni percorribili.
La politica deve dimostrare autorevolezza nelle sue scelte e impegnarsi in continue aperture soprattutto verso il mondo giovanile, cercando di sorreggerli e aiutarli nelle loro scelte, evitando di adottare posizioni autoritarie che finirebbero per alimentare derive radicali nei nostri ragazzi.
Occorre confrontarsi con questi giovani, cresciuti in una società multietnica e con gli occhi attenti e rivolti verso accadimenti geopolitici di carattere bellico e socio-economico che non li lasciano indifferenti, cercando di ragionare con loro sulla complessità storico-politico della questione israelo-palestinese, per denunciare insieme le terribili sofferenze patite da tutte le parti coinvolte a causa della cieca violenza dell’uomo, con l’impegno di poter risolvere pacificamente i conflitti in corso.
I nostri ragazzi studiano, si documentano e si interrogano, ma sta alla politica dare spiegazioni e fornire o tentare di fornire qualche risposta.
Va detto a chiare lettere che nel contesto nazionale della tenuta dell’ordine pubblico è altrettanto necessario riconoscere l’importanza e le difficoltà del compito demandato alle forze di polizia e non dividersi in schieramenti ideologici tra chi prende immotivatamente le distanze da esse e coloro che strumentalmente manifestano un sostegno di parte nei loro confronti.
Questo non aiuta in alcun modo il lavoro delle forze di polizia e, nel contempo, bisogna rifuggire da logiche corporative. In questi momenti difficili che investono il Paese, le forze dell’ordine sono state lasciate sole a fronteggiare i disagi sociali influenzati da una grave crisi economica e da conflitti di varia natura, interni o esterni al Paese. Occorre un’indicazione trasversalmente condivisa da parte della politica parlamentare, per garantire il corretto bilanciamento della sicurezza collettiva e della libertà individuale, nel rispetto dei precetti costituzionali su cui poggiano i fondamenti cardine della convivenza civile.
L’inasprimento delle pene non è una scelta da cui possano conseguire risultati apprezzabili, anche perché è l’ammissione manifesta di un’inadeguata politica sociale, ma pure perché un’inflazione normativa svuota di autorevolezza il sistema penale. Basti pensare, con un pensiero ai nostri giovani, che dal settembre 2023 ci sono più minori nelle carceri, anche se il numero di reati è il medesimo dell’anno precedente, e più ragazzi e ragazze appena maggiorenni stanno scontano le misure cautelari in carcere.
In un quadro così complesso, i discorsi non si possono focalizzare con la pagliuzza in entrambi gli occhi, che trovano spazio nella cecità di alcuni interventi ascoltati in questi giorni.
Va quindi anche detto a chiare lettere che non esiste una delegittimazione diffusa delle Forze dell’Ordine e in un clima politico così conflittuale, in un periodo di accesa campagna elettorale da parte dei rispettivi schieramenti politici, bisogna tener fuori da strumentalizzazioni politiche le istituzioni che vigilano sull’ordine e la sicurezza pubblica, consentendo ai cittadini di esercitare i diritti costituzionali della libertà di espressione e di manifestazione del pensiero, nel rispetto delle leggi vigenti e del lavoro di uomini e donne impegnati a proteggere l’intera comunità.
Nessuno tra le forze di polizia si aspettava che il Governo convocasse nella giornata di ieri le sigle sindacali della Polizia di Stato ed i Cocer dell’Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, ponendo all’ordine del giorno argomenti quali: l’ordinamento, l’organizzazione e il funzionamento delle Forze di polizia. Tutti argomenti sottratti alle competenze delle rappresentanze sindacali e militari convocate.
La gestione dell’ordine pubblico è un tema molto delicato e complesso, e in un clima così difficile la politica deve esercitare il suo ruolo e assumersi le proprie responsabilità, lasciando fuori da questi tavoli le Forze di Polizia, perché altrimenti si rischia di non aver compreso quanto accaduto a Pisa e il monito del Presidente della Repubblica.
Le eventuali proposte di soluzioni tecniche o rivendicazioni contrattuali appartengono ad altri tavoli.
Guglielmo Picciuto
Delegato Co.Ce.R. della Guardia di Finanza
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